Mola Il “day after“ dell’Atalanta è agrodolce e spacca il popolo bergamasco: da una parte quelli che non accettano la sconfitta con l’Inter perchè la Dea sin dal principio ha rinunciato alla propria identità e dall’altra (Gian Piero Gasperini incluso) chi rimpianti non sembra averne. Più facile protestare per eventuali decisioni dell’arbitro derubricando la semifinale di Supercoppa Italiana "un buon test" o "un’ottima esperienza" (Gasp dixit). Come se il viaggio in Arabia fosse stata una sorta di gita premio, una tourneé invernale, e non un palcoscenico dove potersi aggiudicare il primo trofeo del 2025. Ovviamente il tecnico della Dea sbuffa e mastica amaro, non è d’accordo con gli addetti ai lavori che gli “rimproverano“ il fatto di aver esagerato col turnover e aver lasciato fuori tanti, troppi titolari e non mette in discussione (almeno pubblicamente) le proprie scelte: "Non ho fatto delle prove, era il momento giusto per valutare alcuni giocatori importanti". Una spiegazione contraddittoria, figlia di altre valutazioni: l’Atalanta è attesa da un ciclo di fuoco, 9 partite in 29 giorni (fra cui un quarto di Coppa Italia e due sfide di Champions che valgono l’accesso diretto agli ottavi). Però i rimpianti restano come le perplessità. Inzaghi ha schierato i migliori, Gasp (che già aveva assenze pesanti) no. E di fronte aveva l’insaziabile squadra campione d’Italia. Un calice di presunzione o un fiasco di rassegnazione l’aver cambiato i connotati al gruppo? Non si sa. Forse, più semplicemente, la Dea ha scelto di puntare tutto sullo Scudetto... che val bene anche un eccesso arabo di turnover.
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