La storia si ripete quasi ciclicamente. Nel momento in cui ci si aspetta il salto di qualità da parte del Milan (assalto al secondo posto dopo tre vittorie di fila), i rossoneri ricominciano un autolesionistico “gioco dell’oca“. Quel tornare al punto di partenza significa vanificare quanto fatto di buono nelle settimane precedenti. Era successo nella passata stagione (la sconfitta interna contro la Juventus che interruppe una serie di 4 successi consecutivi ma pure l’eliminazione ai quarti di finale contro la Roma in Europa League), tutto si è ripetuto negli ultimi cinque giorni. Dal ko in Champions contro il Bayer Leverkusen all’incredibile scivolone di Firenze. Le colpe sono di tutti: le scelte del tecnico da una parte (i cambi con la Viola e la gestione di Pavlovic ormai ai margini) e la mentalità di un gruppo incapace di viaggiare ad alta quota dall’altra (quarta sconfitta nelle prime nove gare ufficiali fra campionato e coppa, non succedeva dai tempi di Giampaolo). Poteva essere una sosta tranquilla, per prepararsi al meglio in vista dei numerosi impegni nel pieno dell’autunno, ed invece in Casa Milan è tornata la tensione di inizio stagione. Come se l’effetto derby vinto a sorpresa e con merito appena sedici giorni fa (sembrava la panacea di tutti i mali) fosse già esaurito. Paulo Fonseca sosteneva di vedere una squadra in crescita, la verità è che agli occhi di tutti appare un gruppo sull’orlo di una crisi di nervi. Sproporzionata. Fino all’autolesionismo, come è accaduto domenica sera.
Al di là delle amnesie difensive e della scarsa incisività davanti, c’è altro che colpisce. Lo stesso allenatore a fine partita ha candidamente ammesso che i calciatori tirano i rigori senza ascoltare le sue indicazioni. Se così fosse qui c’è davvero un mancato riconoscimento dell’autorità del tecnico, il quale aveva detto nel caso specifico che sul dischetto doveva andarci Pulisic. Ma dagli undici metri prima si è presentato Theo Hernandez (peggiore partita dell’anno per lui, aspettando la squalifica per il “rosso“ rimediato) e poi Abraham con i risultati che tutti conosciamo.
In realtà ciò che è accaduto a Firenze è solo l’ultimo di una serie di episodi molto discutibili, che danno l’impressione di uno spogliatoio assai simile ad una polveriera. Proteste furiose e screzi fra compagni non sono gossip ma cronaca. In poco più di un mese si è passati dal cooling break con “l’ammutinamento“ di due calciatori rimasti a debita distanza, ad una scena in cui un rossonero segna e l’altro polemicamente zittisce il pubblico. E ancora: un giocatore che fa il gesto dei “chiacchieroni“ rivolgendosi ai tifosi e da ultimo altri due che battono il rigore sostituendosi a chi era stato scelto dal tecnico. Segnali di insofferenza da una parte e insubordinazione dall’altra. Così, mentre ci si interroga quale sia la vera identità del Milan, tanto fragile quanto discontinuo, ritorna quella strana sensazione di allenatore palesemente in difficoltà nel rimettere in riga i calciatori supponenti ed egocentrici. Per Fonseca la sosta sarà tutt’altro che rilassante.
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