La medaglia d’oro olimpica, custodita in banca ma che va a rivedere appena può, quasi a ricordarsi che è tutto vero, è solo la punta dell’iceberg del percorso fatto dalla judoka bresciana Alice Bellandi. Un viaggio per ritrovarsi, per costruire una “nuova” Alice, attraverso momenti bui, problemi di peso (con cambio categoria) e solitudine. I fantasmi del passato sono stati archiviati e oggi si gode quello che ha fatto.
Ha detto che nella medaglia c’è la sua storia.
"È lunga, parte dopo il Mondiale junior, quando ero ancora una ragazzina: da lì è iniziato il mio periodo buio. Tutto dovuto a una cattiva gestione: avevo accanto delle figure che non solo non mi hanno aiutato in un momento complicato per la mia famiglia, ma hanno cercato di nascondere tutto sotto il tappeto. Ci sono stati trattamenti non idonei. Non mi rispettavano, sono stata screditata, fino ad arrivare al punto di pensare di essere io il problema".
E poi?
"Quello che è ora il mio attuale coach, Antonio (Ciano, ndr) l’unico che si è accorto del mio disagio, mi ha preso da parte e mi ha detto: “Sappi che tutto quello che perderai sarà sempre responsabilità tua e non di qualcun altro“. Mi ha aperto gli occhi: quando vincevo erano tutti miei tecnici, quando perdevo la responsabilità era mia. Ci sono stati problemi di famiglia e di peso: ho chiuso rapporti malati con persone che hanno provato a reimpossessarsi di me. Sono stata categorica. Mi sono allenata per un po’ con Francesco Bruyere che mi ha aiutato a uscire da questo buio e poi con Antonio ho cambiato tutto: ho preso in mano le situazioni personali e sono arrivati i risultati".
In questi momenti no, che ruolo ha avuto lo sport?
"Da una parte, probabilmente senza lo sport non sarei mai più rinata. Non so se avrei mai trovato un punto di forza per voler avere la grande volontà di rinascere e poi di andare a togliermi altre soddisfazioni sportive e curare certi aspetti della mia vita. Dall’altra, essendo in down, pure lo sport non aiutava, era un’altra cosa che stava andando male".
Ha vissuto la rincorsa a Parigi come una ossessione?
"Ero consapevole che avrei potuto vincere: sono sempre stata a podio. Sapevo quanto la pressione delle aspettative che si crea, può mangiarti. Sono andata a Parigi volendo essere tranquilla e sperando di esser in grado di esprimere il miglior judo che avessi in quel momento. Non pensavo all’oro, volevo semplicemente scendere da quel tatami sapendo di aver dato tutto quello che avevo, senza aver rimpianti, e così è stato".
La medaglia porta più consapevolezza?
"Sono sincera, non è la medaglia: è un percorso personale. Il podio rappresenta un viaggio che vale forse anche più dell’oro. È semplicemente un coronamento: mi guardo allo specchio e dico “sì, è successo“".
Oggi qual è il rapporto con il peso?
"La questione del peso e del rapporto con il fisico sarà sempre un punto debole, ma ho un rapporto più sano. Non è un numero che vedo sulla bilancia che mi dà felicità, ma come sto con me stessa. È cambiata la visione delle cose, è un lavoro, qualcosa che ho voluto cambiare perché mi dava grande disagio".
Cosa farà con il compenso dell’oro?
"Penso che estinguerò il mutuo di casa. Sono sempre in giro e quando sono a casa voglio sia un posto accogliente. Poi, forse la macchina. Non sono cifre che cambiano la vita, devi stare attento".
Ha paura della popolarità?
"No, sono onesta: mi hanno proposto dei reality e non ci vado: non fanno parte della persona che sono. Non mi voglio snaturare, preferisco prendere meno soldi ed essere quello che sono".
Continua a leggere tutte le notizie di sport su