
Mamma e papà non vogliono separarsi dal piccolo Luca
Varese, 20 marzo 2025 – Un affido ponte iniziato quando Luca (nome di fantasia) aveva solo trenta giorni di vita e terminato quattro anni più tardi, due settimane fa, quando il piccolo è stato trasferito dai genitori a cui il tribunale per i minorenni di Milano lo scorso gennaio lo ha assegnato in affido pre-adottivo.
"Li aveva incontrati solo una volta, per due ore, il giorno precedente. Il trasferimento, per altro, gli è stato comunicato quando era solo in una stanza con due assistenti sociali che non aveva mai visto. Una cosa folle, che in tanti anni di carriera non mi era mai capitata". A raccontare all’Adnkronos quello che sta passando una famiglia che vive in provincia di Varese è l'avvocata Sara Cuniberti, che assiste la coppia che ha cresciuto Luca.
“Arrivato in fasce”
I due, genitori naturali di tre figli ormai maggiorenni, da dieci anni hanno deciso di accogliere bambini e ragazzi in affido-ponte. È stato così anche per Luca (nome di fantasia), arrivato in casa loro, in Lombardia, ancora in fasce. Doveva restarci qualche mese, invece sono passati quattro anni. "Gli unici ricordi che ha, l'unica famiglia che ha incontrato, l'unica casa in cui abbia vissuto, l'unico asilo che ha frequentato e gli unici fratelli che abbia considerato tali sono lì", racconta il legale.

La decisione a gennaio
Per questo la coppia, quando nei mesi scorsi il giudice gli ha chiesto se fosse disposta ad adottare il bimbo, si è resa disponibile. A gennaio però la sorpresa: il tribunale per i minorenni di Milano ha dichiarato l'adottabilità di Luca, ma nei confronti di un'altra famiglia.
A quel punto lo scorso 10 febbraio i due genitori affidatari hanno presentato un ricorso d'urgenza per l'adozione in casi particolari, ma usciti dalla prima udienza, il 3 marzo, "hanno trovato chiamate senza risposta dell'assistente sociale, che li avvertiva del fatto che il mattino dopo sarebbero venuti a prendere Luca per fargli conoscere l'altra coppia e che il giorno successivo lo avrebbero trasferito. Così è stato e da allora di lui non sappiamo nulla", racconta l'avvocato Cuniberti.
Scatta il ricorso
I due genitori – sostiene il loro legale – quando hanno aperto le porte della loro casa a Luca, come con tutti gli altri minori accolti (incluso un altro bimbo, che è ancora affidato a loro), non avevano alcuna intenzione di “sfruttare” l'istituto-ponte per renderlo permanente.
"L'affido non è e non dev'essere una scorciatoia per l'adozione, ma le regole vanno rispettate da tutti, anche dal tribunale, che deve perseguire degli affidi-ponte che abbiano una durata canonica, di sei mesi-massimo un anno. Altrimenti più passa il tempo, più diventa un danno al bambino spostarlo e cambiargli famiglia", osserva Cuniberti.
La speranza ora è che "il ricorso urgente per l'adozione in casi particolari venga trattato rapidamente e che il tribunale capisca di aver sbagliato, revochi il decreto di adottabilità emesso e conceda l'adozione ai miei assistiti. In modo che questa situazione si risolva in una piccola parentesi di qualche giorno fuori casa".

La petizione on line
"Allontanare Luca da chi lo ha amato e protetto sin dalla nascita significa infliggergli uno strappo gravissimo e irreparabile, un trauma oggi che potrebbe diventare una “bomba” inesplosa nell'adulto di domani. La giustizia dovrebbe garantire il bene supremo del minore, e non metterne in pericolo la stabilità emotiva e affettiva", lamentano moglie e marito nel testo di una petizione “Per salvare Luca” che online ha raccolto quasi ottomila firme. Sulla vicenda ha espresso perplessità anche il garante per l’infanzia e l’adolescenza di Regione Lombardia Riccardo Bettiga: “Il tempo trascorso, quattro anni, cioè tutta la vita del bambino, non una parte, ha inevitabilmente stravolto quello che era un affido temporaneo, e ciò non per una responsabilità imputabile né ai genitori affidatari, né al bambino, tenendo conto anche della necessità di garantire il diritto alla salute soprattutto mentale, alla serenità e alla continuità affettiva, di cui apparentemente sembra non ne sia stato preso atto. Era pertanto così necessario e davvero obbligatorio far scontare la sofferenza per tale condizione alla famiglia e al bambino? Era davvero necessario muoversi così?".