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Il tribunale di Varese dov'è stata emessa la sentenza di primo grado
Varese, 25 febbraio 2025 – È stato condannato a dieci anni e sei mesi per tentato omicidio il 37enne di nazionalità tunisina che ha ferito in modo grave a bottigliate un passante a caso in centro a Varese un anno fa. La sentenza di primo grado è stata pronunciata oggi dal tribunale di Varese. L'accusa aveva chiesto otto anni.L'aggressione ai danni di un 67enne si era consumata il 30 dicembre 2023 in corso Aldo Moro, a Varese, vicino a una libreria.
Stando a quanto ricostruito dal pubblico ministero davanti al collegio presieduto dal giudice Cesare Tacconi, a incastrare il 37enne ci sono i video delle telecamere di sorveglianza presenti in centro città. Il 43enne è già noto alle forze dell'ordine. Quando gli uomini delle volanti della polizia di Stato intervenute al momento del fatto videro le immagini non ebbero dubbi nell'identificarlo e per l'uomo scattarono le manette. Una violenta aggressione senza un perché: il 43enne, infatti, non agì per rapinare il 67enne. Se ne andò senza prendere un euro. Una violenza gratuita ai danni un malcapitato scelto a caso.
Tentativi di spiegazione
In occasione del processo, in realtà, Kiram Hamir aveva fornito davanti ai giudici la sua versione dei fatti, dichiarando che, impaurito da quell’uomo da cui si sentiva minacciato si era solo difeso. “Difesa” che era consistita in un brutale pestaggio del 67enne, colpito poi anche con una bottiglia che gli aveva procurato ematomi, una frattura facciale, una profonda ferita al volto e una commozione cerebrale. In aula il tunisino aveva infatti detto di avere subito un’aggressione in casa da parte di due stranieri che non aveva riconosciuto, anche per via del viso travisato, che lo avevano malmenato per vendetta, perché lo consideravano un informatore della polizia (evidentemente il contesto è quello del sottobosco criminale legato al mondo dello spaccio).
L’imputato: “Mi dispiace”
Quando quella sera ha incrociato per caso il 67enne italiano in corso Moro, con il cappuccio calato in testa per via del freddo, lo ha scambiato per uno dei due aggressori e gli si è sferrato contro per, a detta sua, “difendersi”. A incastrarlo – la vittima anche per via della commozione cerebrale non è infatti stato in grado di identificarlo – le immagini delle telecamere presenti sul corso e, soprattutto, le testimonianze di due netturbini che hanno assistito al pestaggio.
“Quando in aula mi sono accorto che era un uomo di quasi settant’anni, mi è dispiaciuto moltissimo”, ha dichiarato l’extracomunitario negando con forza che volesse picchiarlo in modo così brutale solo per il “piacere” di farlo, o tantomeno per rapinarlo. Il suo legale ha inoltre negato che possa essere stata usata una bottiglia per colpirlo in faccia. A incastrarlo in modo inequivocabile sono comunque state le scarpe sporche del sangue del tunisino, trovate a casa sua e sequestrate. Messe sotto esame dalla Scientifica, è emerso che il Dna riscontrato sui lacci, su cui erano appunto presi tracce ematiche, era quello appartenente alla vittima.