REDAZIONE VARESE

Indennizzo a Stefano Binda: perché è stato (di nuovo) bloccato il risarcimento

L’avvocatura di Stato impugna la sentenza della Cassazione, che già aveva ridotto il “rimborso” deciso dalla Corte d’Appello per l’ex studente di Filosofia assolto dall’accusa di aver ucciso Lidia Macchi

Stefano Binda; a destra, Lidia Macchi

Stefano Binda; a destra, Lidia Macchi

Brebbia, 3 ottobre 2024 – Prima l’ok a un risarcimento di 303mila euro, successivamente il “taglio” di quasi 100mila euro deciso dalla Cassazione. E ora il rischio di non vedere nemmeno un euro, per un ricorso dell’avvocatura di Stato.

C’è una nuova tappa – l’ennesima – nella vicenda giudiziaria di Stefano Binda, l’ex studente di Filosofia arrestato nel 2016 con l'accusa di aver assassinato 29 anni prima l'ex compagna di liceo Lidia Macchi, e poi assolto definitivamente con la più ampia formula possibile (per non aver commesso il fatto), ma detenuto in carcere da innocente per tre anni 6 mesi e 40 giorni.

La mossa

L'Avvocatura dello Stato ha impugnato la decisione della Cassazione bloccando il risarcimento che gli era stato riconosciuto. Dopo la piena assoluzione Binda ha chiesto di essere risarcito per l'ingiusta detenzione a suo parere subita. Ottenendo un primo riconoscimento, pari a 303mila euro, dalla Corte d'Appello di Milano. Sentenza impugnata davanti alla Cassazione dalla Procura generale di Milano.

Lo scorso 23 settembre la massima Corte ha riconosciuto a Binda un risarcimento pari a 212mila euro attribuendogli una "colpa lieve" nella sua condotta processuale.

La Procura generale di Milano, nella sua impugnazione, aveva sempre sostenuto che "con i suoi silenzi" Binda avrebbe "contribuito all'errore sulla sua carcerazione" e che "la condotta mendace" negli interrogatori fu una "condotta fortemente equivoca". E sosteneva, dunque, che non avesse diritto ad indennizzi. Un impianto che la Cassazione, nella sua sentenza, aveva riconosciuto solo in parte. Portando a una decisione che sembrava concludere la vicenda.

La difesa

L'Avvocatura dello Stato, però, ha impugnato la decisione della massima Corte, bloccando il risarcimento riconosciuto.

Al momento non si sa se anche la Procura generale di Milano intenda impugnare il provvedimento della Cassazione. Certo è che domani, venerdì 4 ottobre, gli avvocati difensori di Binda, Patrizia Esposito e Sergio Martelli, depositeranno a loro volta un ricorso contestando il punto relativo alla "lieve colpa" che per i difensori è totalmente inesistente.