
Birrificio Poretti
Varese, 29 luglio 2019 - Si chiama “Fontana degli ammalati” e il Birrificio Poretti nel 1877 è nato nel luogo dov’è ancora oggi proprio per lei. Non è un segreto che l’acqua è il “trucco” della birra. E quella della Valganna era perfetta per mettere in pratica tutto ciò che Angelo Poretti aveva imparato in Austria, Boemia e Baviera. E Carlsberg Italia, che dal 2002 è interamente proprietaria dello storico marchio varesino, non poteva che partire da qui, da questa fresca valle vicina alla Svizzera, a misurare l’impatto dei cambiamenti climatici sulla sua produzione e sul territorio. Per questo la società ha aderito al progetto quadriennale Life Iris partendo da quelli che sono stati individuati come i maggiori pericoli: ondate di calore e di freddo, siccità e precipitazioni estreme.
Sono cinque le azioni fissate dal gruppo danese (il quarto del mondo nel settore con 62,5 corone danesi, circa 8,4 miliardi di euro) che fin dal 1975 ha accordi con Industrie Poretti. In cima alla lista c’è l’installazione di un impianto di pastorizzazione flash, che contribuisce già alla riduzione dell’umidità e della temperatura nel luogo di lavoro oltre a produrre un minor impatto ambientale calcolato in un 10/15% di risparmio energetico, in riduzioni del 10% nelle emissioni di CO2 e del 10% nel fabbisogno idrico di processo. Il secondo punto è il programma “Open Air Job”, che dà la possibilità ai dipendenti di svolgere alcune delle proprie attività lavorative all’interno del parco adiacente il birrificio, con conseguente impatto positivo sulla qualità delle attività lavorative. Ed eccoci alla Valganna: l’azienda si è presa l’impegno di realizzare uno studio idrogeologico sui possibili impatti dei cambiamenti climatici sul bacino idrico della Valganna con l’obiettivo di raccogliere dati per definire le curve di esaurimento delle sorgenti.
Ci saranno anche da definire alcuni interventi come la rimozione delle tubazioni dismesse all’interno del tratto coperto del Fiume Olona, il posizionamento di un’asta idrometrica e l’installazione di una briglia per trattenere i detriti con la quale l’azienda si metterà nelle condizioni di reagire al meglio ad eventuali futuri episodi di precipitazioni estreme. E ancora: la realizzazione di alcuni interventi indicati da un agronomo, mirati alla salvaguardia delle piante presenti nel parco del Birrificio, oltre ad uno studio per accrescere la conoscenza del territorio aziendale, della sua struttura e dislocazione degli impianti, delle figure tecniche di fabbrica con le quali cooperare e intervenire (squadre di manutenzione, responsabili tecnici), delle aree sensibili e punti critici come l’alveo del fiume tombinato, la diga a monte dello stabilimento, le cantine di fermentazione, i punti di accesso al fiume. Carlsberg Italia, tra l’altro, da 8 anni mette nero su bianco impegni e risultati con il “Bilancio di sostenibilità” sui temi che interessano la produzione, il territorio e i 74 lavoratori impegnati a Induno Olona (sono 217 in tutto in Lombardia).
Per quanto riguarda le emissioni, per esempio, l’ambizioso obiettivo fissato dal programma di sostenibilità prevede di raggiungere, entro il 2030, quota zero nei birrifici, con uno step intermedio del 2022 che vede un -50%. Ebbene, in pochi anni, dal 2015 al 2018, le emissioni specifiche di anidride carbonica sono diminuite del 9,1%. «Un esito assai soddisfacente, al quale si affianca una buona riduzione del consumo energetico totale, sceso del 4% rispetto al 2017», si legge nel bilancio. Stando sempre alle stime intermedie della roadmap, Carlsberg Italia ha raggiunto con ampio margine, rispetto a quanto prefissato per il 2022, il 100% di energia da fonti rinnovabili negli stabilimenti di produzione (un successo ottenuto già dal 2017) ed un altro 100% di raffreddamento a basso impatto sul clima, grazie anche all’acquisto di sistemi di raffreddamento che non utilizzano Hfc (idrofluorocarburi).