ROBERTO CANALI
Cronaca

A caccia dei buchi neri nel cosmo: “Ecco il supermassiccio più antico”. C’è un giovane ricercatore dell’Insubria fra gli studiosi dei colossi della galassia

Le ricerche di Alessandro Trinca: “La scoperta indica una crescita in episodi brevi ma intensi, seguiti da periodi di dormienza”

Il ricercatore dell'Università varesina dell'Insubria Alessandro Trinca

Il ricercatore dell'Università varesina dell'Insubria Alessandro Trinca

Varese, 29 dicembre 2024 – Un mistero del cosmo svelato anche grazie al contributo di un ricercatore dell’Insubria, Alessandro Trinca,  che sta svolgendo il suo post dottorato nel dipartimento di Scienza e Alta Tecnologia e ha collaborato a una ricerca condotta dall’Università di Cambridge, la Scuola Normale di Pisa e la Sapienza di Roma, dedicata ai buchi neri. Il team internazionale di scienziati, grazie all’utilizzo del telescopio spaziale James Webb e la collaborazione dell’Istituto nazionale di Astrofisica, ha identificato uno dei buchi neri supermassicci più antichi e imponenti mai osservati. Questo colosso cosmico, situato in una galassia compatta di quasi 13 miliardi di anni fa, ha una massa pari a 400 milioni di volte quella del Sole e risale a meno di 800 milioni di anni dopo il Big Bang. 

Visto al  microscopio

La peculiarità che lo distingue è il suo stato di quiescenza: a differenza dei quasar, che brillano grazie all’intensa attività di accrescimento, questo buco nero sta inglobando gas a un ritmo cento volte inferiore al limite teorico massimo, risultando praticamente inattivo. La scoperta, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature, è sensazionale perché questo buco nero è uno degli oggetti più antichi e massicci mai rilevati e si è formato in una fase di transizione nell’universo primordiale.

Probabilmente rappresenta solo la punta dell’iceberg di una intera popolazione di buchi neri “a riposo“ ancora da osservare in questa epoca lontana. “Questa scoperta suggerisce che i buchi neri supermassicci crescano attraverso episodi brevi ma intensi, seguiti da periodi di dormienza – spiega Trinca –. Tali processi sono essenziali per spiegare come abbiano raggiunto masse così elevate nelle prime fasi dell’universo”. 

I misteri della galassia affascinano da secoli ricercatori e astrofisici
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Sviluppi possibili

Lo studio si basa sui dati del programma Jades -Jwst advanced deep extragalactic survey, che sfrutta le capacità del telescopio James Webb per osservare oggetti estremamente distanti e poco luminosi. “La scoperta segna un nuovo capitolo nella comprensione dei buchi neri primordiali – sottolinea Stefano Carniani, ricercatore della Scuola Normale superiore di Pisa –. Grazie al James Webb, possiamo ora studiare oggetti che finora erano rimasti invisibili, completando il quadro dell’evoluzione galattica”.