Somma Lombardo (Varese), 8 ottobre 2022 - Omicidio Faraci, il caso è tutt’altro che chiuso: la Cassazione ha annullato l’assoluzione per Melina Aita, la donna oggi ultrasettantenne, accusata di essere mandante dell’omicidio del marito, Antonio Faraci, ucciso nella loro abitazione, a Somma Lombardo, il 12 aprile 2014. Quindi con il rinvio alla Corte d’Appello l’anziana dovrà tornare davanti ai giudici milanesi, come lei anche Bechir Baghouli, il tunisino, con il quale secondo l’accusa avrebbe intrattenuto una relazione, condannato in contumacia a 24 anni (in primo grado gli era stato comminato l’ergastolo).
Mentre è definitiva l’assoluzione per l’altro tunisino, Slaeddine Ben H’ Mida. Il caso si riapre, ci sarà un nuovo processo, dopo che Melina Aita è stata condannata in primo grado all’ergastolo e poi assolta in secondo grado, un anno fa, il 13 ottobre 2021. Il legale della donna Pierpaolo Cassarà, stupito per il verdetto della Cassazione ha dichiarato: "Attendiamo, come sempre, le motivazioni ma non posso evitare di mettere in luce il fatto che questo sistema giudiziario non è in grado di arrivare ad una risposta: qui sono stati smentiti sia i giudici di primo grado che quelli della Corte d’Appello lasciando in un limbo non solo la mia cliente ma anche la società civile che assiste a questi continui ribaltamenti di giudizio".
Un anno fa, il 13 ottobre 2021, la Corte d’assise di Appello di Milano ribaltava la sentenza di primo grado emessa nel dicembre 2018 dalla Corte d’assise del Tribunale di Busto Arsizio che aveva condannato a fine pena mai la donna e i due tunisini, Bechir Baghouli e Slaheddine Ben H’Mida, ritenuti gli esecutori materiali del delitto, che erano fuggiti dall’Italia. Faraci, 72 anni, era stato ucciso il 12 aprile 2014 nell’abitazione in via Briante a Somma Lombardo, a trovare il cadavere la moglie che aveva dato l’allarme e aveva raccontato di essere rientrata a casa e di aver trovato il marito in una pozza di sangue. Una settimana dopo la donna era stata arrestata.
Le indagini coordinate dalla Procura di Busto Arsizio avevano poi portato a identificare i due tunisini, ritenuti suoi complici. Al termine del processo a Busto Arsizio la condanna per lei e i due tunisini, tutti e tre secondo l’accusa avevano organizzato l’omicidio fingendo una rapina in casa. Un anno fa l’assoluzione che la Cassazione non ha confermato:l’anziana dovrà tornare davanti ai giudici.