
L'esterno del Joint research centre di Ispra, Varese, 31 marzo 2025 (Ansa)
Milano, 31 marzo 2025 – Poche certezze e molti interrogativi sul presunto drone (“russo”) in volto sopra il Centro di ricerca europeo in provincia di Varese. I captatori del Joint research centre di Ispra, che rilevano le onde radio, hanno registrato frequenze associabili come fonte a un dispositivo di fabbricazione russa. Ma nessuno ha visto il drone volare. E' così, stando a quanto chiarito da fonti investigative, che si è arrivati a parlare di un velivolo di produzione russa, dopo la segnalazione arrivata dallo stesso centro di ricerca della Commissione europea agli inquirenti, il 28 marzo. Da quanto si è saputo in relazione alle indagini condotte dal Ros dei carabinieri, sono stati registrati 5 sorvoli recenti di quel drone e nell'arco in totale di cinque, sei giorni.
Obiettivo farsi vedere?
Gli aspetti sui quali serve fare luce sono diversi. I ‘piloti’ volevano lasciare una traccia? Gli investigatori, coordinati dall'aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Alessandro Gobbis, si chiedono perché, nel caso si tratti di una attività di spionaggio, si sia lasciata una sorta di 'targa' russa - utilizzando proprio quel tipo di velivolo che lasciava quelle determinate frequenze - e non uno di produzione europea. Dunque, è una delle ipotesi sul tavolo, l'obiettivo poteva essere proprio quello di mostrarsi e farsi vedere, per lanciare un segnale sulla capacità di interferire e di violare lo spazio aereo interdetto con facilità.
Da dove è partito il drone?
Interrogativi anche per quando riguarda decollo e rotta. Con i primi accertamenti si sta cercando di ricostruire da dove siano partiti quei voli e dove si trovasse chi telecomandava il drone.
Chi è stato a entrare in azione?
E proprio sul ‘chi’ che ci sono molte cose da chiarire. Si valuta pure la possibilità infatti che alcuni italiani filo-russi, come emerso in un'altra indagine sempre coordinata dal pm Gobbis, possano essersi messi a disposizione per effettuare l'operazione di presunto spionaggio. In quell'indagine, due imprenditori brianzoli si sarebbero messi a disposizione, anche in cambio di criptovalute, per una presunta attività di spionaggio dopo esser stati contattati su Telegram. In quel caso, l'unico "obiettivo" concreto raggiunto dai due sarebbe stato un presunto dossieraggio con pedinamenti su un imprenditore specializzato nel campo dei droni e della sicurezza elettronica e che interessava ai russi. Gli altri piani, come quello di installare ‘dash cam’ sui taxi o la "mappatura" di zone delle città, erano rimasti, invece, lettera morta.
"La no-fly zone non è stata violata”
Una precisazione arriva dal portavoce di Bruxelles, Thomas Regnier: "La Commissione si impegna a proteggere le proprie informazioni, il proprio personale e le proprie reti di fronte a qualsiasi possibile minaccia alla sicurezza. Come prassi generale, la Commissione non comunica ulteriormente su questioni di sicurezza operativa". Sul "caso specifico", "non abbiamo osservato alcuna violazione da parte di droni della no-fly zone sopra il sito Ispra della Commissione né siamo a conoscenza di alcuna specifica minaccia alla sicurezza correlata".
Crosetto: è in corso una guerra ibrida
"Vedo che, oggi, molti si stupiscono per una notizia uscita ieri e che riguarda un conclamato tentativo di spionaggio industriale. In questo caso, ai danni di eccellenze industriali italiane. La procura della Repubblica di Milano si è mossa con tempestività ed ha aperto un fascicolo, per ora contro ignoti. Il reato contestato è molto grave: "tentato spionaggio militare o industriale" con l'aggravante della "finalità di terrorismo". Vedremo gli sviluppi. Mi limito ad aggiungere questo. Sono anni che sollevo l'attenzione e lancio allarmi, a volte inascoltato, e in ogni occasione possibile, per mettere sotto i riflettori quanto accade. E' in corso una guerra ibrida". Così il ministro della Difesa Guido Crosetto in un post su X. "Pericolosa quanto sotterranea, costante e asfissiante quanto quotidiana, che è fatta da un mix di attacchi cyber mirati, reclutamento di "attivisti" (traduco: persone a libro paga di potenze o entità straniere e ostili), scientifiche e massicce campagne di disinformazione di massa, furti di tecnologie e brevetti militari e industriali, più molti altri atti ostili, perpetrati da più attori, statuali e non - prosegue Crosetto -. Ma, non a caso, quando parlo, fino allo sfinimento, della necessità di "difendere" il nostro Paese, le comunità cui apparteniamo e le alleanze di cui facciamo parte, dico anche che non mi convince il termine "riarmo" e lo slogan "Rearm Europe". E lo dico proprio perché la nostra difesa e la nostra sicurezza, nazionale e collettiva, vanno garantite su più piani, compresi quelli della "guerra ibrida" e non solo quelli tradizionali, i quali pure restano i più evidenti davanti gli occhi di tutti".