Varese, 4 marzo 2023 - Ha il dono di sfuggire ad ogni definizione. Corredo estetico non propriamente griffato, occhioni grandi, capelli lunghi, baffi da moschettiere. E l’aria da Peter Pan che a sorpresa finisce in vetrina e si porta a casa la vittoria di un cult televisivo come MasterChef, con lo stupore dell’outsider convinto di esserlo. Strano personaggio, Edoardo Franco: 26 anni, un talento istintivo per la cucina ma da totale autodidatta. E con un eloquio senza filtri e orpelli. Come si è notato, dopo i 58 interminabili secondi di suspense, quando Antonino Cannavacciulo ha urlato il suo nome eleggendolo vincitore della 12esima edizione del famoso cooking show di Sky grazie al suo menù "Tutto Mondo". "Non ci credo, non è possibile", ha ripetuto, saltellando come un grillo, prima di commentare da par suo la notizia che aveva dunque vinto l’assegno da 100mila euro in palio: "Sono 6 anni che lavoro e quello che mi hanno fruttato l’avevo sputtanato tutto. Adesso, questi li investo".
Un piccolo pensiero d’affetto postumo per la tua Varese, che è dove sei nato e cresciuto?
"È una città di provincia. È vero. Ma dove alla fine puoi trovare tutto quello che serve. E dove ho la famiglia, gli amici e alcune persone a cui voglio bene. In effetti, è lì che ho cominciato a frequentare i primi ristoranti".
Anche se poi hai cercato altrove occasioni per campare...
"Avevo studiato all’alberghiero Giovanni Falcone di Gallarate, specializzandomi in sala e bar. E dopo il diploma, il trasferimento in Svezia per lavorare come cameriere in un piccolo locale, quindi il rientro in Italia come barman in un hotel di Milano, infine 4 anni in Germania, ancora come barman poi come rider".
Certo che, quella dell’altra sera in Tv, è stata una botta di adrenalina. E autostima.
"E perché mai? Ne devo fare ancora di strada. La gente pensa che avendo vinto MasterChef sia diventato il cuoco più bravo del mondo. Storie! So solo cucinare bene e fare dei buoni piatti. Ma devo crescere e fare la mia gavetta. Devi lavorare in una brigata per essere chef e questa è un’esperienza che devo ancora vivere".
Ma adesso tutti ti indicheranno come l’emblema della nuova generazione di chef che sta cambiando la cucina. Lo sta facendo anche il tuo coetaneo Davide Marzullo nel Comasco, a Lomazzo.
"Non esageriamo. Piano con i paragoni. Alla mia età, Davide si è già guadagnato la stella Michelin. Io mi metto tre gradini sotto. Francamente, mi accontenterei di sapere che Davide abbia visto un mio piatto e abbia pensato: ’Mamma mia, che bello!‘".
Il futuro sarà nella tua città?
"Dubito. Ho bisogno di stimoli. E francamente non mi sento nemmeno di sostenere che Varese brilli per cultura gastronomica".
Quindi?
"Milano, ovvio. È una città globale, ricettiva, aperta, inclusiva, dove non c’è bisogno di girare il mondo per trovarlo. E scusate se non è poco".