Le operaie guadagnano di meno rispetto ai colleghi maschi. E mediamente lavorano meno ore, con un’incidenza più alta dei contratti part time. È quanto emerge da uno studio condotto dalla Fiom Cgil di Varese sulle differenze di trattamento tra uomini e donne nelle realtà del settore metalmeccanico in provincia. I dati sono relativi al 2023: sono stati analizzati i rapporti di 61 imprese con 11.987 addetti, a cui si aggiungono quelli relativi ai tre grandi gruppi nazionali Beko, Bticino e Leonardo, che hanno circa 10mila dipendenti in provincia di Varese. Un campione parziale rispetto alla consistenza dell’intero comparto nel Varesotto (che occupa circa 43mila addetti), ma comunque dati significativi per la dimensione dell’indagine e per la presenza di realtà rilevanti tra quelle analizzate.
Innanzitutto la percentuale delle donne sul totale degli occupati nelle ditte metalmeccaniche: sono circa il 20%. L’occupazione con contratto part time è fortemente polarizzata per genere: riguarda poco meno del 14% delle donne occupate nelle aziende analizzate (l’11,6% nei tre grandi gruppi) e l’1,4% degli uomini (0,3%). Chiara la polarizzazione di genere anche nell’uso dei congedi di maternità/paternità e parentali: le donne che li usano sono il 9,6% circa delle occupate, gli uomini il 3,6% (nei gruppi rispettivamente 13,3% e 4,2%). Lo smart working riguarda il 24% degli addetti totali (circa il 53% nei tre gruppi nazionali) e circa un terzo delle donne (circa il 63% nei gruppi). Lo straordinario è limitato e prevalentemente maschile: 68 ore annue pro capite gli uomini e 23 le donne (rispettivamente 48 e 38 nei gruppi). Le ore effettive lavorate annue sono 1.581 per gli uomini e 1.461 per le donne.
Dall’analisi emerge poi che le donne sono pagate meno degli uomini. Le differenze permangono tra chi ricopre un ruolo direttivo – 18% tra i dirigenti e 15% tra i quadri – e salgono al 23% tra gli impiegati e al 25% tra gli operai.
Nei tre grandi gruppi le differenze retributive tra uomini e donne sono marcate in tutte le qualifiche (33% tra gli operai, 14% per gli impiegati e 16,5% per i dirigenti) con una minore incidenza tra i quadri (11%). I superminimi individuali sono molto diversificati tra donne e uomini (il rapporto è del 62% a sfavore delle prime, con poco più di 3800 euro a fronte di poco più di 6000). Insieme alla forte caratterizzazione femminile del part time la distribuzione unilaterale del salario da parte delle aziende risulta uno dei motivi principali del differenziale di paga sfavorevole alle donne.