IVAN ALBARELLI
Cronaca

Samarate, Vincenzo Gerardi al gip: “Ho ucciso mia moglie ma non l’ho premeditato”. Le lettere ai figli lo smentiscono

L’uomo ha negato la premeditazione che gli viene contestata dai magistrati sulla base di diversi riscontri trovati nelle ore immediatamente successive all’omicidio, avvenuto mercoledì 16 aprile in via San Giovanni Bosco

Vincenzo Gerardi e Teresa Stabile da un video trasmesso da La Vita in Diretta

Vincenzo Gerardi e Teresa Stabile da un video trasmesso da La Vita in Diretta

Samarate (Varese), 19 aprile 2025 – La conferma, scontata, della custodia cautelare in carcere. È l’esito dell’interrogatorio di garanzia che si è svolto in carcere oggi nei confronti di Vincenzo Gerardi, arrestato mercoledì sera – praticamente in flagranza – per aver ucciso a coltellate la moglie Teresa Stabile. Un lungo interrogatorio, a tratti drammatico, in cui Gerardi, 57 anni, incalzato dalle domande della giudice per le indagini preliminari Anna Giorgetti, e assistito dal suo avvocato, ha ripercorso step dopo step la “sentenza di morte” eseguita nei confronti della moglie di due anni più giovane dalla quale si stava separando. 

L'area dov'è avvenuto l'omicidio perimetrata dalle forze dell'ordine mercoledì sera
L'area dov'è avvenuto l'omicidio perimetrata dalle forze dell'ordine mercoledì sera

Trappola mortale 

L’agguato sotto casa, in via San Giovanni Bosco, dove Teresa Stabile era andata a vivere dopo aver lasciato il marito. L’attesa del suo rientro dal lavoro in macchina intorno alle 18,45 per poi colpirla violentemente con 15 fendenti – il numero esatto delle coltellate mortali inferte è stato determinato ieri, venerdì 18 aprile, dall’esame autoptico – senza lasciarle nemmeno la possibilità di scendere dall’auto. Una morte terribile, intrappolata nell’abitacolo della macchina, senza la minima possibilità lasciata per cercare di difendersi o di provare a fuggire. 

L'abitazione di via San Giovanni Bosco dove Teresa Stabile si era trasferita dopo la separazione
L'abitazione di via San Giovanni Bosco dove Teresa Stabile si era trasferita dopo la separazione

Incalzato dalle domande

Gerardi al gip del tribunale di Busto Arsizio non ha potuto certamente negare l’omicidio della moglie. Anche se per assurdo avesse provato a farlo, l’arresto in flagranza da parte dei carabinieri, che sono ricorsi anche al taser per bloccarlo mentre brandiva lo stesso coltello usato per uccidere Teresa minacciando di togliersi la vita, e la presenza di un residente che uscito per portare a spasso il cane ha assistito alla mattanza, sarebbe stato messo di fronte a questi due fatti schiaccianti e incontrovertibili. 

L'ingresso della palazzina di via San Giovanni Bosco
SAMARATE FEMMINICIDIO TERESA STABILE VIA SAN GIOVANNI BOSCO - OMICIDA L’EX MARITO VINCENZO GERARDI

Prove schiaccianti

Ha tuttavia negato la contestazione del gesto premeditato. In altri termini, Gerardi ha cercato di alleggerire le sue responsabilità affermando di avere agito sulla base di un “gesto d’impeto”. Una versione a cui non credono gli inquirenti, a cominciare dal pm Ciro Caramore. A contraddire in pieno questa versione ci sono quelle che vengono definite delle vere e proprie lettere-testamento indirizzate ai figli, poste sotto sequestro, e nelle quali Gerardi avrebbe manifestato l’intenzione di uccidere la moglie e poi di farla finita; indicando addirittura una data precisa, quella poi scelta del 16 aprile. 

C’è inoltre l’ulteriore particolare agghiacciante del messaggio inviato alla suocera pochi minuti dopo aver ucciso Teresa: “Ho fatto ciò che dovevo fare”. Inoltre, Teresa Stabile temeva di poter essere uccisa dall’ex marito. Lo aveva confessato ad alcune amiche: “Prima o poi quello mi uccide...”. 

Una vita infernale 

Se mai ci fosse poi bisogno di ulteriori elementi a conferma dello scenario della premeditazione, c’è il crescendo di minacce e atti intimidatori messi in atto da mesi dall’omicida, che avevano trasformato in un inferno quotidiano la vita di Teresa. Gerardi minacciava di uccidersi se lei non fosse tornata, la aggrediva verbalmente, addirittura posteggiava la propria auto davanti al garage di lei così che fosse costretta a chiamarlo per poter uscire con la vettura e quindi potesse vederla controllandone gli spostamenti. Una situazione sempre più esasperante. Tanto da spingere il figlio maggiore di 28 anni, un mese e mezzo fa circa, a denunciare il padre per violenza privata tanto era esasperante e preoccupante la situazione.