di Lorenzo Crespi
Italia e Svizzera hanno siglato il nuovo accordo fiscale sulla tassazione dei lavoratori frontalieri. Un’intesa storica che giunge al termine di una trattativa durata diversi anni. La notizia è stata accolta con particolare interesse in provincia di Varese, uno dei territori più coinvolti dal frontalierato con il Canton Ticino, con circa 30mila lavoratori che giornalmente varcano il confine. Soddisfatto il senatore del Pd Alessandro Alfieri. "Ottenuti i tre punti fissati all’inizio della trattativa: non un euro in più di tasse per gli attuali frontalieri; non un euro in meno di ristorni ai Comuni; sistema speciale di detrazioni per salvaguardare il potere di acquisto dei futuri frontalieri". Ora manca solo l’ultimo passaggio: il testo dovrà essere ratificato da entrambi i parlamenti. Il nuovo accordo andrà così a sostituire quello tuttora in vigore, che risale al 1974. Si supera in questo modo anche l’accordo parafato nel 2015, che era stato criticato da più parti.
"Un testo che avevamo fortemente contrastato – spiega Mirko Dolzadelli, responsabile nazionale Cisl frontalieri – che avrebbe avuto un effetto negativo, se non devastante, per l’intera economia di frontiera in un contesto di difficoltà economica come quello che stiamo vivendo". L’intesa raggiunta dal negoziato è migliorativa sotto diversi aspetti. I frontalieri attuali continueranno a essere tassati solamente in Svizzera per tutta la durata della vita lavorativa. Chi inizierà a lavorare oltre confine dal 2023 sarà invece sottoposto a un nuovo modello di tassazione. La Svizzera avrà diritto a trattenere una quota di imposta alla fonte dell’80%. Al lavoratore l’Italia applicherà la tassazione con una serie di detrazioni, come l’aumento della franchigia speciale per tutti i lavoratori da 7.500 a 10mila euro, la detrazione di quanto già tassato dalla Svizzera, la non imponibilità degli assegni familiari erogati dalla Svizzera e la deducibilità dei contributi per i prepensionamenti. L’accordo prevede inoltre il mantenimento dei ristorni ai comuni nella fascia dei 20 chilometri dal confine fino al 2033. Dal 2034 il sistema non sarà più erogato da Berna a Roma: il Governo italiano istituirà un fondo ad hoc per trasferire le risorse ai comuni di frontiera, che non potranno essere inferiori a quelle percepite attualmente.
Il Governo ha firmato anche un memorandum d’intesa insieme a sindacati e Acif, l’Associazione comuni italiani di frontiera, con cui Roma si impegna a introdurre nel disegno di legge di ratifica dell’accordo una serie di meccanismi per alleggerire il carico impositivo dei frontalieri. Tra i firmatari anche Dolzadelli. "Ritenevamo fondamentale salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni – spiega – e questo accordo risponde in modo positivo a questa priorità". E il Governo ha garantito infine che entro aprile verrà convocato un tavolo interministeriale per la stesura dello Statuto dei frontalieri. "Uno strumento – commenta l’esponente della Cisl – che dovrà contenere elementi di tutela dei lavoratori, come l’aumento della Naspi e politiche attive del lavoro". A siglare il memorandum anche Massimo Mastromarino, rappresentante di Acif e sindaco di Lavena Ponte Tresa. "Credo sia il miglior accordo che si potesse raggiungere. I comuni di frontiera siederanno ai diversi tavoli necessari per arrivare all’approvazione dell’accordo".