
Un fenomeno in continua crescita quello che emerge dalla ricerca realizzata da EconLab Research Network sui dati dell’Ufficio federale di statistica elvetico
Com’è cambiato il frontalierato in Svizzera negli ultimi dieci anni, con numeri e tendenze che riguardano il Varesotto e le altre realtà italiane di confine. È una ricerca corposa quella promossa dagli Enti Bilaterali della Provincia di Varese e realizzata da EconLab Research Network in base ai dati forniti dall’Ufficio federale di statistica svizzero. Un quadro molto esauriente di un fenomeno che registra una continua crescita.
Dal 2012 al 2022 è aumentato del 30,8% il numero di frontalieri residenti in provincia di Varese; mentre nell’ultimo anno (rispetto al 2021) l’incremento è stato del 4,7%, tra i più consistenti del decennio.
Sono 29.146 i frontalieri residenti nel territorio, con Varese seconda provincia italiana dopo Como (29.488). Sono 33 in provincia i frontalieri ogni mille abitanti, dato che cresce se si considerano solo i residenti in età lavorativa: in questo caso il numero sale a 53. Quindici invece i Comuni del Varesotto che confinano con il Canton Ticino, mentre i centri situati entro i 20 chilometri dalla frontiera sono ben 114.
Il 61% dei frontalieri varesini sono uomini, a fronte di un 39% di donne. Nel decennio crescita del 32,7% per la componente maschile e del 28,1% per quella femminile. Quanto all’età, la fascia più rappresentata è quella dai 30 ai 44 anni, con il 40,2% del totale. Valori poco inferiori per la fascia 45-59 anni, con il 39,4%. Gli under30, che tornano a salire dopo il momentaneo calo del biennio 2020-2021, costituiscono il 14,5%, cioè più del doppio degli over60, che sono solo il 5,9%.
La quasi totalità (99,1%) dispone di un permesso superiore ai 12 mesi ed è occupata come lavoratore dipendente (98,9%). La maggior parte è impiegata in aziende del terziario (62,4%), con una crescita nell’ultimo decennio del 63,8% (pari a più 7.078 unità). Seguono il manifatturiero (36,8% e calo del 2,8% nel decennio) e l’agricoltura, in aumento del 58,9% dal 2012 al 2022, ma con numeri molto esigui: rappresenta solo lo 0,8% del totale. All’interno del settore più rappresentato, il terziario, emerge una prevalenza di lavoratori impiegati nei servizi (67,6%), seguiti da commercio (25,4%) e turismo (7%).