Varese - L’accordo amichevole tra Italia e Svizzera, che regolava il lavoro da remoto per i frontalieri, è scaduto il 31 gennaio. L’intesa era stata siglata nel 2020, in pieno lockdown, quando le forme di lavoro alternative a quella in presenza si erano rese necessarie per le disposizioni di contrasto alla pandemia. Modalità che col passare dei mesi da situazione di contingenza si sono trasformate nella quotidianità per tanti lavoratori italiani dipendenti di aziende svizzere. Per questo a inizio anno sia la Regio Insubrica che i Comuni di confine avevano auspicato una soluzione durevole.
Un rinnovo non c’è stato: l’intenzione del Governo, come aveva spiegato alla vigilia della scadenza l’onorevole leghista Stefano Candiani, è di superare un testo pensato per la situazione di emergenza dovuta al Covid e arrivare a un nuovo accordo che regoli in maniera definitiva la tassazione del reddito da lavoro prodotto durante i giorni di telelavoro.
L’idea è di stabilire una quota massima di telelavoro pari al 40% dell’attività, come prevede un’analoga intesa tra Svizzera e Francia. In tal senso l’1 febbraio al Senato è stato approvato un ordine del giorno che impegnava il Governo ad aprire il negoziato con la Svizzera per disciplinare il lavoro agile.
Ma in attesa che si passi dalle intenzioni ai fatti, torna a farsi sentire la voce dei Comuni, con il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino, presidente dell’Associazione Comuni italiani di frontiera, che ha deciso di rivolgersi direttamente alla Presidenza del consiglio dei ministri e al ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti.
"A nome dei rappresentanti dei Comuni di frontiera – scrive – sollecito il Governo a concludere una nuova intesa amichevole con la Confederazione Elvetica relativamente alle modalità di lavoro agile. Questo a beneficio sia della qualità della vita dei frontalieri sia del sistema economico transfrontaliero e delle imprese".