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Fuga di infermieri in Svizzera, l’allarme: “Venti al mese lasciano Varese e diventano frontalieri”

Il presidente del sindacato Nursing up denuncia carenze di organico fino al 50%: “I nostri professionisti vanno via per stipendi da favola: 3.500 euro netti al mese, e l’Asst Sette Laghi è assume personale dall’America Latina con colloqui a distanza”

Infermieri

Stipendi base da 3.500 euro al mese, netti, anche al primo incarico post laurea”. Così la vicina Svizzera sta diventando un’”isola felice” per decine di infermieri, soprattutto lombardi (data la vicinanza territoriale) in fuga da condizioni di lavoro spesso insostenibili. E’ quanto denuncia, dati alla mano, Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato infermieri Nursing Up. E a pagare il prezzo più alto in termini di fuga dei professionisti della salute, secondo un’indagine del sindacato supportata dai dati degli ordini professionali, è la provincia di Varese, che negli ultimi anni ha registrato la media più alta di infermieri in fuga verso il Ticino. 90 km o poco più, e dal Varesotto si arriva in Svizzera. In pratica poco più di un’ora di bus o di auto al giorno, per guadagnare circa 2mila euro in più nette in busta paga. Una situazione che ha trasformato in frontalieri decine e decine di operatori sanitari di Varese.

De Palma: “Il risultato? Doppie notti e turni massacranti per chi resta”

I dati aggiornati parlano chiaro e la mozione bipartisan, presentata in Consiglio Regionale per fornire una indennità di confine agli infermieri delle province di Varese, Como, Lecco e Sondrio, rischia di non essere sufficiente ad arginare la fuga di professionisti della salute. “Le nostre sollecitazioni – avverte De Palma -, presentate a più riprese agli esponenti del Governo Regionale ed esplose nel faccia a faccia avvenuto con lo staff dell’assessore Welfare, Bertolaso, in occasione della plenaria dello scorso 29 maggio, sono state accolte da esponenti sia di destra che di sinistra. Non possiamo sottovalutare le nefaste conseguenze di quanto sta accadendo e ignorare i contraccolpi che la sanità lombarda subisce ogni giorno dalla fuga di infermieri in Svizzera. E naturalmente è impossibile non immaginare che tutto questo ricade sulla qualità dei servizi verso i cittadini. Entro la fine dell’anno, nella sola Asst Sette Laghi, ovvero l’azienda ospedaliera che controlla le strutture della provincia di Varese sono previsti, oltre tutto 180 pensionamenti, un numero difficilmente colmabile, visto che i concorsi vanno pressoché deserti. Doppie notti, salto del riposo, turni massacranti: gli operatori sanitari che restano – conclude il presidente di Nursing Up -, pagano lo scotto di una carenza di personale sempre più grave”.

Varese, 20 infermieri al mese diventano frontalieri

In provincia di Varese, nelle case di cura, si arriva al 50% di infermieri in meno rispetto a qualche anno fa. Un gap che sembra impossibile recuperare. Negli ospedali sul territorio, cioè nell’Asst Sette Laghi e nella valle Olona, ne mancano circa 500. In totale sono almeno 800 gli infermieri mancanti in provincia. Nel 2022 l’Opi Varese ha fatto registrare 350 cancellazioni da parte di infermieri, mentre il picco massimo era sempre stato di 150 negli anni precedenti. Di questi 350 la maggior parte hanno scelto di diventare frontalieri, diretti in terra elvetica. Sono numeri che denotano un peggioramento della situazione, visto che nel 2021 erano stati circa 250 gli infermieri passati a lavorare in Svizzera. Mediamente sono circa 20 al mese gli infermieri della provincia di Varese che scelgono di andare a lavorare oltre confine, per la maggior parte in Svizzera.

Como, fuga dall’Asst Lariana

Non è certo più rosea la situazione in provincia di Como. Nel solo 2021, 283 dipendenti dell’Asst Lariana hanno volontariamente rassegnato le dimissioni e oltre la metà di questi ha deciso di diventare frontalieri, lavorando stabilmente nel sistema sanitario svizzero. I dati cantonali confermano un trend pericolosamente in crescita, registrando nel triennio 2020-2022 una media di circa 350 professionisti della salute (di cui il 90% sono infermieri) che sono passati oltre confine nelle province di Varese e Como. Si tratta di più del doppio dei trienni precedenti. Il settore sociosanitario del Ticino impiega oggi 16.000 dipendenti, di cui 4.300 sono frontalieri.

La soluzione? Assunzioni dall’America Latina

La soluzione alla carenza di personale è, secondo De Palma, inadeguata. “Siamo venuti a conoscenza – denuncia - di possibili assunzioni dall’America Latina per tamponare la falla. Dovrebbero essere 12 unità, e arriveranno da Paraguay e Argentina. Saranno i primi infermieri extracomunitari assunti direttamente da un ospedale pubblico - l’Asst Sette Laghi - dall’altra parte del mondo. In queste settimane stanno sostenendo gli esami e i colloqui a distanza e in autunno, se promossi, potranno entrare in servizio. Come in altre occasioni, ripetiamo, che non abbiamo nulla contro questi professionisti. Ma è impensabile, è paradossale, formare i migliori professionisti d’Europa e vederli diventare punti cardine di sistemi sanitari di altri paesi del Vecchio Continente, mentre noi, per rimpiazzare i nostri migliori elementi – tuona il sindacalista -, andiamo a cercare infermieri dall’India e dal Sud America”