
Il capannone posto sotto sequestro dalla Divisione anticrimine della polizia a seguito del provvedimento giudiziario emesso dal Tribunale di Milano
Sequestrati beni per oltre 300 mila euro a un albanese, il “Grande Capo“, specializzato nello smercio di cocaina e hashish, leader di un’organizzazione criminale in grado rifornire il mercato della droga nel Varesotto e in altre province lombarde, fino all’Emilia. Giovedì scorso la polizia ha eseguito un provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale di Milano, su proposta formulata dal questore Carlo Mazza e dal procuratore della Repubblica di Varese. L’uomo, già colpito da condanne per spaccio di stupefacenti, era stato arrestato il 12 giugno scorso dalla Squadra Mobile con altri connazionali, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’autorità giudiziaria di Varese.
Le indagini sul Grande Capo, che si vantava di avere 67 affiliati, hanno fatto emergere un’attività imprenditoriale con struttura piramidale. L’albanese si occupava di far entrare in Italia, per motivi turistici, giovani connazionali che venivano assunti, ricevendo alloggio, auto intestate a fittizi proprietari, droga e cellulari e impiegati nell’attività di spaccio. Per evitare intercettazioni delle forze dell’ordine, l’organizzazione aveva allestito una sala operativa in un appartamento dove uno dei giovani, senza mai uscire di casa, riceveva le richieste di droga da parte dei clienti via whatsapp, per poi inoltrarle, complete di indirizzi, ai pusher su strada, tramite altre piattaforme più anonime. In un capannone in affitto erano ricoverate le auto utilizzate dai corrieri, la droga e le armi.
Grazie all’analisi dei flussi finanziari, è emerso che vari membri della famiglia beneficiavano degli indebiti guadagni provento di spaccio, fungendo da prestanome per le intestazioni di immobili. L’attività illecita era schermata da una commerciale, una pizzeria d’asporto gestita dal fratello, che forniva legali entrate, seppur esigue, anche al capo dell’organizzazione e alla madre. Sui conti dei prestanome venivano registrati afflussi di denaro anomali: denaro contante o bonifici, senza una plausibile causale, utilizzati nelle compravendite di immobili. Nei giorni scorsi il sequestro di beni: un capannone, 2 unità immobiliari, 4 rapporti bancari/finanziari e un’autovettura.