Gabriele MoroniQuando mi capita, purtroppo sempre più raramente di prendere il treno (io che ho la stessa simpatia verso l’auto di un topo che vede un gatto), scioperi permettendo s’intende, mi mette di buonumore. Nonostante il tragitto da Varese a Tradate e ritorno sia di breve durata e che al capolinea mi aspetti la comoda poltrona del dentista, su quelle due carrozze sono salito molto volontieri. Riavvolgo il nastro della mia infanzia degli anni ‘50, cioè una vita fa, in quel paese di Venegono Superiore dove c’erano quasi più bar che abitanti (si fa per dire) e le automobili erano merce rara, infatti, si giocava in mezzo alla strada. Uno dei nostri passatempi preferiti era quello di andare a veder passare il ciuf ciuf che correva sui binari e il capostazione lo conoscevano tutti, mentre ora, ahimè, non esiste più. Allora la stazione era fiorita e c’era perfino una vasca con i pesciolini rossi. Ora sembra più un posto abbandonato (per colpa nostra, s’intende). Un vero peccato per chi ha vissuto quei tempi! Comunque, per chiudere in bellezza, devo dire che entrambi i treni sono stati puntualissimi, molto comodi e confortevoli, con la temperatura giusta per il periodo dell’anno. Almeno su questo non rimpiango quei sedili di legno che negli anni ‘60 e ‘70 ho sperimentato per recarmi al lavoro! Mi scuso di essermi dilungato, ma quando scrivo l’idea del treno mi prende la mano e non vorrei fermarmi più che si dovrebbe fare. Enzo Bernasconi, VareseLe stazioni sono anche dolce nostalgia. Come questa. Peccato che il confronto con il presente si riveli deludente. E per fortuna che, per una volta, i treni non fanno rimpiangere i loro progenitori con i sedili di legno. mail: gabrielemoroni51@gmail.com
CronacaLa dolce nostalgia delle stazioni