La droga dello stupro dalla Cina. Presentatore tv di nuovo a processo

Il pacco destinato all’ex conduttore era stato sequestrato dalla Finanza a Malpensa nel dicembre 2020

La droga dello stupro dalla Cina. Presentatore tv di nuovo a processo

La droga dello stupro dalla Cina. Presentatore tv di nuovo a processo

Tre litri di droga dello stupro importata in Italia dalla Cina e pagata in Bitcoin. è di nuovo davanti ai giudici Ciro Di Maio, il conduttore tv e attore, già arrestato un anno e mezzo fa con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio. Il sostituto procuratore di Milano Baj Macario, dopo le indagini della Guardia di Finanza di Malpensa, ha chiesto per lui il giudizio immediato. Il dibattimento è in corso.

Di Maio – che in televisione aveva esordito alla fine degli anni Novanta come uno dei “Carramba boys“, famoso programma condotto da Raffaella Carrà – era già stato arrestato nell’agosto del 2021 e condannato in primo grado dal tribunale di Milano a un anno e 4 mesi di pena (gli erano state concesse le attenuanti generiche) e a una multa da 3.800 euro. Il secondo arresto, che ha visto l’ex conduttore Rai prima ai domiciliari e poi in libertà allo scadere dei termini di custodia cautelare, parte da una spedizione arrivata alla Cargo City di Malpensa proveniente dalla Cina, intercettata dalle Fiamme Gialle che hanno individuato lo stupefacente. Siamo a metà dicembre del 2020. Con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria di Busto Arsizio, i finanzieri hanno eseguito loro stessi la consegna della droga, al fine di acquisire ulteriori prove utili a individuare i responsabili del traffico di droga seguendo, in incognito e a distanza, la spedizione fino alla consegna della stessa nell’appartamento milanese di Di Maio. Il conseguente intervento in flagranza, ha consentito di sequestrare la spedizione contenente circa tre litri di Gbl e di arrestare l’importatore. Durante l’operazione, i finanzieri hanno perquisito l’abitazione e hanno trovato altro Gbl, in gergo detto anche Gisella o Geena, oltre a cocaina e mefedrone. Dai primi accertamenti, tre anni fa, era emerso che Di Maio acquistava lo stupefacente on-line e lo pagava in moneta virtuale. L’etichettatura indicava che il pacco conteneva silicone. In sede di convalida davanti al gip Di Maio si era avvalso della facoltà di non rispondere rilasciando spontanee dichiarazioni: "La droga era per uso personale. Non l’ho mai ceduta ad altri".