REDAZIONE VARESE

La strage di Elia per amore della sua Raiza

Nel 1998 il giovane Del Grande sterminò la famiglia: non volevano che tornasse a Santo Domingo

Giornata nebbiosa quella che avvolge il lago di Monate, il giorno dell’Epifania del 1998. In serata la famiglia Del Grande esce a cena in pizzeria. Ci sono il capofamiglia, Enea, 57 anni, la moglie Alida, 53, Elia, il figlio secondogenito, 22 anni. Manca Enrico, il figlio maggiore, 27 anni. Tutti impegnati a mantenere florida l’attività di panettieri in due grandi negozi. Tranne Elia, che va a dormire quando gli altri si alzano per impastare la farina, ha alle spalle turbolenze, ozio, compagnie discutibili. Enea Del Grande, dopo aver tentato di rilevare un ristorante a Santo Domingo, ha acquistato un terzo di un night, il Dama de Pietra, e ha spedito a gestirlo quel figlio scioperato. A Santo Domingo il giovane Del Grande ha conosciuto Raiza, l’ha tolta dalla strada, ne ha fatto la sua compagna. È il dicembre del 1997. I Del Grande hanno mandato a Santo Domingo il figlio più grande perché riporti a casa Elia. Il ragazzo torna. Le giornate scorrono in una tranquillità apparente. Fino alla sera dell’Epifania. Il primo approccio da parte del papà è blando "Davvero vuoi tornare? Ma dai, fermati ancora un mese". Elia è deciso: il 10 gennaio sposerà Raiza.

Uno sguardo severo della madre. I genitori insorgono. Firmano la loro sentenza di morte. Lasciano il locale quando sono le 21. Enea e Alida raggiungono l’elegante villetta rosa di via Matteotti. Elia rientra a notte fonda. Imbraccia tre fucili, un automatico calibro 12, un calibro 8 e un calibro 36 della collezione del padre cacciatore. Ha accanto un amico, Pierangelo Cavalleri, soprannominato “Savicevic”, che dovrebbe sparare a sua volta, ma al momento dell’esecuzione si ripara dietro un mobile. Enea Del Grande, sentendo rumori dal garage, scende in pigiama. Due colpi lo raggiungono al petto. Anche Enrico si precipita al piano terra, chiude a chiave dall’interno la porta a vetri del garage nel tentativo di salvarsi. Elia la frantuma con un calcio e fa fuoco per la seconda volta. La madre è l’ultima a morire. Viene ritrovata ai piedi del letto. Ha avuto appena il tempo di alzarsi e indossare la vestaglia. Alle 3.40 una telefonata raggiunge il centralino dei carabinieri: "Sono Enrico Del Grande. Ci hanno sparato. Aiutateci". Non fa il nome del fratello. Muore in ospedale. Elia prepara le valigie e fugge con le armi di cui si libera in seguito. È in taxi verso l’aeroporto di Agno, a Lugano, per poi involarsi destinazione Santo Domingo. Lo blocca la polizia cantonale. In primo grado incassa tre ergastoli, ridotti in appello a trent’anni di reclusione. Si torna a parlare di lui quando viene scoperto un suo tentativo di evasione dal carcere di Pavia nel dicembre 2015. La Digos manda tutto a monte grazie alla soffiata di un tassista

G.M.