VARESE – La faccia è provata ma decisa. Lavinia Limido porta ancora i segni della terribile aggressione subita (“Guardi come sono messa”) dall’ex marito, Marco Manfrinati. Nel pomeriggio del 5 maggio scorso, l’ex avvocato l’ha assaltata a coltellate sfregiandola per poi uccidere, con la stessa lama, il suocero intervenuto per salvare sua figlia.
Lavinia dopo un lungo ricovero in ospedale è finalmente tornata a casa e ha parlato dell’aggressione con il quotidiano “La Prealpina”.
- Il recupero dopo l’aggressione
- La “fuga” dalla casa e i due anni da incubo
- Manfrinati, il "demonio”
- L’esempio del padre
- Perdono? Impossibile
Il recupero dopo l’aggressione
"Sicuramente sto sempre meglio, perché fisicamente, piano piano mi sto riprendendo. Ma sto male”, inizia a raccontare la 37enne. “La forma del viso non mi aiuta a parlare normalmente, ho il collare che è piuttosto fastidioso, però devo dire che ogni giorno faccio un passo verso la normalità, quindi sto sempre meglio”. Discorso diverso invece, per il lato emotivo: “Le ferite interiori richiedono molto più tempo per essere assorbite”.
La “fuga” dalla casa e i due anni da incubo
Poi il racconto del rapporto con l’ex marito nei due anni precedenti all’aggressione, in cui Lavinia era “scappata” di casa per evitare le vessazioni dell’ex: “L’aggressione è arrivata a distanza di due anni rispetto al momento in cui io sono scappata. Non me ne sono andata. Sono scappata dalla casa in cui stavo con mio marito e nostro figlio. Sono stati due anni molto intensi anche in termini negativi, nel senso che questo è stato un epilogo annunciato e prevedibile di quello che è successo soprattutto nei due anni antecedenti a questo fatto. Due anni in cui un giorno sì un giorno sì succedeva qualcosa. Da cancellate rotte a minacce. A minacce velate, A minacce meno velate. Un incubo anche e soprattutto per l'incolumità fisica di noi tutti: me, mio figlio e la mia famiglia di origine. Si tratta di una tragedia annunciata, si poteva sicuramente evitare. Marco stesso, un anno fa, in una telefonata ha detto ‘Prima dell'estate qualcuno di voi finirà in terapia intensiva o al cimitero’. L'aveva detto ed è successo, si sapeva. Era solo una questione di tempo”.
Manfrinati, il "demonio”
Poi il giudizio sull’ex: “Marco è un uomo cattivo. L’ha dimostrato con i fatti e con quello che ha detto al momento dell’arresto (“come sta tuo marito?”, rivolto alla madre di Lavinia dopo averlo accoltellato a morte, ndr).
L’esempio del padre
L’aggressione però non farà perdere le speranze a Lavinia: “Non sarà lui a farmi andare di traverso la vita. Non sarà lui a farmi avere un disprezzo per per gli uomini, per le persone”. Anche perché in una storia tragica come questa, non può passare sotto traccia il gesto eroico di suo padre, morto per salvare la figlia: “È la dimostrazione del fatto che ci sono degli esseri umani belli, buoni, che darebbero la loro vita per te. Mi ha salvato la vita e di riflesso l'ha salvato anche mio figlio.
Il fatto di essere padre non implica necessariamente che sei pronto a buttarti nel fuoco per tuo figlio. Lui l'ha fatto ed era ben consapevole di quello che stava per succedere”.
Perdono? Impossibile
Nonostante la forte fede della famiglia Limido, difficile poter perdonare l’uomo che ha ti ha sfregiato e ha ucciso tuo padre: “Non l'ho contemplato e non so se mai lo contemplerò. Il perdono prima di tutto richiede delle scuse e le scuse richiedono un pentimento. E questo non avverrà mai. Neanche tra dieci anni, posso assicurare che non avverrà”