SAMARATE (Varese) – Nel capannone, a Samarate, lavoravano operai cinesi, irregolari e in nero, impegnati nella produzione di capi d’abbigliamento, per alcune note griffe. Nello stesso edificio, fatiscente, mangiavano e dormivano. È lo scenario di degrado e sfruttamento scoperto dai militari della Guardia di finanza del Comando provinciale di Varese che hanno sottoposto a sequestro preventivo, convalidato dall’autorità giudiziaria, l’opificio con annessi spazi utilizzati come dormitori abusivi. Secondo quanto emerso dall’attività di indagine venivano realizzati capi di marca a 8 euro l’uno, poi rivenduti al dettaglio a 400 euro: 2.000 quelli già pronti per i negozi e sequestrati. Sarebbero tre i marchi famosi ai quali era destinata la produzione: nei loro confronti sono in corso approfondimenti investigativi necessari per accertare se fossero informati delle condizioni di sfruttamento in cui avveniva il confezionamento dei capi griffati.
Tutto è partito da un controllo fiscale mirato nei confronti di un’impresa attiva da tre mesi che, secondo quanto è emerso, operava in totale spregio delle norme igienico sanitarie, delle norme in materia di prevenzione incendi, sfruttando manodopera illecita e clandestina. Nel corso dell’intervento, Le Fiamme Gialle hanno identificato 12 cittadini cinesi, non comprendenti la lingua italiana, presenti nel capannone e nei dormitori, tra cui diversi sprovvisti di regolare permesso di soggiorno, altri lavoratori in nero e anche minorenni.
Nei giorni successivi sono stati svolti insieme al personale del Comando provinciale dei Vigili del fuoco, di Ats e dell’Ufficio tecnico del Comune accertamenti e sopralluoghi finalizzati alla verifica delle autorizzazioni necessarie allo svolgimento in sicurezza dell’attività. La polizia economico-finanziaria bustocca ha quindi accertato la totale mancanza di qualsiasi titolo abilitativo e autorizzativo per l’impresa mentre i locali dell’immobile del tutto fatiscenti erano privi di qualsiasi minimo requisito igienico sanitario.
Al termine delle attività, il titolare della società, un cinese di 52 anni, è stato denunciato alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio per i reati di caporalato, sfruttamento e ospitalità di manodopera clandestina e per le gravi violazioni. Anche la proprietaria del capannone sequestrato, una donna italiana di 43 anni, a seguito delle irregolarità edilizie riscontrate nei locali, è stata denunciata per abusivismo edilizio.