Varese, 9 gennaio 2018 - Quattro capelli di un 'ignoto', che non appartengono alla vittima e non sono attribuibili all'imputato Stefano Binda, sono stati trovati sui resti di Lidia Macchi, la studentessa di Varese massacrata con 29 coltellate nel gennaio 1987. E' quanto hanno riferito i periti nel corso dell'udienza davanti al gip di Varese Anna Giorgetti con al centro gli accertamenti, disposti con la formula dell'incidente probatorio, sul cadavere riesumato nel marzo del 2016.
I periti nominati dal giudice, tra cui l'anatomopatologa Cristina Cattaneo e il comandante del Ris di Parma Giampietro Lago, e i consulenti dei difensori di Binda e della Procura generale di Milano, hanno esposto i risultati delle lunghe analisi. Sono stati estrapolati circa seimila reperti tra peli e capelli. Fra questi, quattro capelli non appartengono a Lidia Macchi o a persone del suo gruppo familiare. Attraverso la comparazione con il Dna i periti hanno "escluso con certezza" che siano riconducibili a Binda, l'uomo accusato di aver ucciso la ragazza, sotto processo davanti alla Corte d'Assise di Varese. L'imputato, oggi presente in aula, si è sempre proclamato innocente. "Periti e consulenti sono giunti alla stessa conclusione - ha spiegato uno dei difensori, l'avvocato Patrizia Esposito - i capelli non appartengono a Binda, e non si sa di chi siano". La salma verrà quindi restituita ai familiari.