Varese, 22 settembre 2016 - Trent'anni dopo l’omicidio di Lidia Macchi si torna a cercare l’arma del delitto nei boschi del Sass Pinì, a Cittiglio, dove nel gennaio 1987 fu trovato il cadavere della studentessa massacrata con 29 coltellate. Il sostituto pg di Milano Carmen Manfredda, che coordina le indagini della Squadra mobile riaperte a distanza di anni e sfociate lo scorso gennaio nell’arresto di Stefano Binda, accusato di aver violentato e ucciso la sua ex compagna di liceo, ha già preso contatti con l’Esercito per organizzare le ricerche.
Presto, nelle prossime settimane, la zona boschiva, all’epoca frequentata da tossicodipendenti, verrà battuta con metal detector e geoscanner, per rilevare l’eventuale presenza di un coltello sotto terra o nascosto tra le sterpaglie. La località Sass Pinì era già stata al centro di ricerche trent’anni fa, dopo il ritrovamento del cadavere, ma l’arma del delitto non è mai venuta alla luce. Le nuove tecnologie però, secondo gli auspici degli inquirenti, potrebbero essere utili per far emergere nuove tracce. A chiedere di portare avanti ricerche nella zona era stato anche il legale della famiglia Macchi, l’avvocato Daniele Pizzi, con l’obiettivo di "non lasciare nulla di intentato per arrivare alla verità". Sono già stati condotti dei sopralluoghi e il sostituto pg Carmen Manfredda potrebbe avvalersi della collaborazione dell’archeologo Dominic Salsarola, che in passato si è già occupato dei delitti delle Bestie di Satana e, nel caso Macchi, è stato "ingaggiato" per le ricerche dell’arma del delitto nel parco Mantegazza di Varese. Si tratta dell’ultimo tentativo per trovare il misterioso coltello scomparso nel nulla. Il ritrovamento dell’arma sarebbe un grosso passo in avanti nell’inchiesta, perché potenzialmente potrebbe "incastrare" Binda (a suo carico ci sono solo elementi indiziari) oppure scagionarlo.
Nei mesi scorsi le ricerche sono state portate avanti nel parco Mantegazza, a Masnago, dove secondo un’ipotesi investigativa Binda potrebbe aver nascosto il coltello nei giorni successivi al delitto. Sono venuti alla luce una decina di coltelli, alcuni dei quali compatibili con l’arma del delitto, ancora al vaglio dei consulenti nominati dalla Procura generale di Milano. La relazione non è stata ancora depositata ma, da quanto trapela, non sarebbero emersi elementi (tracce di sangue o impronte digitali) utili per le indagini. Per questo si tornerà a scavare a Cittiglio, ultima mossa per far riemergere tracce dal passato.