Vanno oltreconfine per lavorare, ma sono sempre avvertiti come un corpo estraneo i nostri connazionali, come dimostra la polemica montana in questi giorni per la richiesta da parte dell’Udc di applicare, anche nel mondo della scuola, il principio "prima i nostri". Tutto è nato dal caso di tredici aspiranti docenti d’italiano di scuola superiore rimasti disoccupati nonostante l’abilitazione perché le cattedre erano occupate da insegnanti frontalieri. "A fronte di un calo demografico che comporta una progressiva diminuzione del numero di allievi nelle scuole ticinesi, appare evidente che anche la necessità di docenti si stia riducendo – sono intervenuti i granconsiglieri Alain Bühler, Lara Filippini, Tiziano Galeazzi, Andrea Giudici, Sergio Morisoli, Aline Prada, Tuto Rossi e Roberta Soldati dell’Udc –. La presenza nel corpo insegnante di numerosi frontalieri e titolari di permesso B solleva interrogativi legittimi sulla politica d’impiego pubblico nel settore educativo. Il principio della preferenza indigena all’interno dei settori pubblico e parapubblico ticinesi e va rispettato".
Al Governo è stato chiesto di fare chiarezza indicando la nazionalità dei docenti e nel caso di stranieri se hanno il permesso B, C o sono frontalieri. "Considerato il calo degli allievi – la domanda posta dai parlamentari elvetici – il Consiglio di Stato è disposto a valutare, in collaborazione con le autorità comunali per i livelli di competenza, la possibilità di attuare una norma straordinaria per rescindere o non rinnovare contratti a tempo determinato a docenti frontalieri o titolari di permessi B, al fine di offrire maggiori opportunità d’impiego ai giovani docenti svizzeri formati nel nostro Cantone o nel nostro Paese? Prevede la possibilità d’istituire da subito un blocco immediato all’assunzione di docenti frontalieri?". Ro.Can.