Busto Arsizio, 29 aprile 2024 – Una traiettoria simile a quella di molti altri politici benedetti dall’incontro folgorante con Silvio Berlusconi. La laurea in una delle università italiane più accreditate, l’esperienza professionale in un’azienda di proprietà del Cavaliere, l’approdo in Forza Italia come “soldato” del nuovo miracolo italiano, l’ingresso dalla porta principale nelle istituzione, in questo caso la Regione Lombardia. E, infine, i guai giudiziari.
La vita di Massimo Buscemi, l’ex assessore regionale assolto dall’accusa di non aver versato gli alimenti a moglie e figlie perché al giudice ha spiegato di essere “troppo povero” per permetterselo, si può dividere in tre parti: la gioventù da manager rampante, l’ingresso in politica e la navigazione fra le correnti, il declino successivo al coinvolgimento nelle inchieste, a partire da Rimborsopoli, per cui patteggerà 2 anni e 2 mesi.
Il curriculum
Nato a Magenta, nell’Alto Milanese, il 13 giugno 1960, si laurea in Economia e Commercio alla Bocconi, aggiungendo al suo percorso di Formazione un master in Comunicazione d’Impresa. Successivamente fa il suo ingresso in Publitalia ‘80, la concessionaria fondata da Silvio Berlusconi per rastrellare contratti pubblicitari destinati a “foraggiare” il suo nascente impero mediatico.
Nel 1993, è lui stesso a dirlo in un’intervista di qualche anno fa, è fra i quaranta “pionieri” incaricati dal futuro presidente del consiglio perché lavorino al nuovo partito. Alla nascita di Forza Italia Buscemi si mette in aspettativa e inizia a scalare le posizioni nel movimento che vincerà le elezioni nel 1994.
La politica
Buscemi si muove fra i territori – Varesotto, Alto Milanese e la città di Milano – e le correnti interne, prima di Forza Italia e poi nel Pdl, coltivando buoni rapporti con l’area laica ex socialista (grazie anche un pellegrinaggio ad Hammamet, sulla tomba di Bettino Craxi” ma anche con la componente ciellina. Viene eletto in consiglio regionale nel 2000. Nella successiva legislatura fa il bis ed entra in giunta, prima come assessore alla Polizia locale, poi con la delega ai Servizi e Reti. Nel 2010 completa la tripletta di elezioni (va detto che alle urne viene sempre premiato), venendo confermato in giunta, stavolta con delega alla Cultura.
Cementa un rapporto di fiducia con il Celeste, al secolo Roberto Formigoni, l’allora dominus assoluto della politica lombarda, con il suo poker di mandati alla guida della Regione. La relazione privilegiata gli viene anche dal matrimonio con una delle figlie di Pierangelo Daccò, l’imprenditore considerato “uomo chiave” del sistema di potere costruito da Formigoni in Lombardia.
Buscemi tesse rapporti importanti anche sul fronte economico, facendo società con Rosanna Gariboldi, moglie del deputato del Pdl Gian Carlo Abelli. L’avventura imprenditoriale non finisce troppo bene: la società immobiliare Il Pellicano chiude battenti con un presunto buco di 600 milioni di euro e Buscemi viene indagato con l’accusa di bancarotta fraudolenta.
Le inchieste
È, questo, solo uno dei numerosi inciampi giudiziari che pongono la parole fine alla carriera politica dell’ex assessore regionale. Buscemi viene invischiato nella cosiddetta indagine Rimborsopoli, sulle presunte spese pazze sostenute da alcuni consiglieri regionali lombardi (patteggia una pena di 2 anni e 2 mesi). Ma viene anche condannato a un anno e sei mesi per falso in atto pubblico, in concorso con Francesco Magnano, il “geometra di Berlusconi” balzato – caso vuole – anche lui alle cronache odierne, perché coinvolto in un’inchiesta su presunte tangenti a Usmate Velate.
Allora Buscemi e Magnano furono accusati di aver dichiarato il falso per entrare nel carcere di San Vittore, dove volevano fare visita all’ex vicepresidente del consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani, in carcere con l’accusa di corruzione per presunte tangenti incassate nell’ambito della costruzione di una discarica.
Le vicissitudini giudiziarie segnano il precipitoso passo d’addio di Buscemi alla scena politica e alla ribalta delle cronache. Fino a oggi, quando lo si è scoperto “troppo povero” per pagare gli alimenti a moglie e figlie. Vicenda che, però, gli è valsa finalmente un’assoluzione.