REDAZIONE VARESE

Nella terapia intensiva i volontari Avo

Volontari di Avo Varese portano conforto in Terapia Intensiva: un'esperienza intensa e significativa per pazienti, familiari e operatori sanitari.

Volontari di Avo Varese portano conforto in Terapia Intensiva: un'esperienza intensa e significativa per pazienti, familiari e operatori sanitari.

Volontari di Avo Varese portano conforto in Terapia Intensiva: un'esperienza intensa e significativa per pazienti, familiari e operatori sanitari.

"Non è stato facile, all’inizio ci sentivamo un po’ in una bolla". A parlare è Cristina Birago, portavoce del piccolo ma affiatato gruppo di volontari di Avo Varese, tutti già esperti, che hanno voluto mettersi alla prova con una nuova sfida: portare compagnia e conforto ai degenti di un reparto al limite come la Terapia intensiva. L’esperienza si è svolta all’Ospedale di Varese, dove Avo è presente da anni. Si chiamano Laura, Virginia, Elisabetta, Eleonora, Paola, Patrizia e Cristina le volontarie che da un paio di mesi hanno “adottato“ un reparto così delicato. "La terapia intensiva è completamente diversa dagli altri reparti, ma anche completamente diversa dall’idea comune che se ne ha – raccontano – non sono tanti i pazienti con cui possiamo interagire, ma con quelli che ci sono riusciamo ad avviare un rapporto altrettanto intenso e che si protrae anche oltre la terapia intensiva. Quando poi ritroviamo i pazienti e i familiari conosciuti in questo ambiente ovattato e super protetto, una volta trasferiti nei reparti di degenza ordinaria, è una gioia per noi e per loro".

Lo confermano anche i professionisti come il direttore della Rianimazione neurologica e generale Luca Cabrini: "Avo è un partner perfetto per il progetto che stiamo cercando di avviare, per ammorbidire l’ambiente di reparti come i nostri, in cui sembra prevalere l’aspetto più asettico e tecnico della cura. Non è così, ma dobbiamo farlo percepire meglio a chi si trova a vivere una fase difficile della vita come i nostri pazienti e i loro cari".

I volontari sentono davvero tutta l’importanza dell’opera che svolgono: "Abbiamo la percezione di essere compagni nel loro percorso di cura. Altrettanto arricchente è stato il rapporto con gli operatori".

Lorenzo Crespi