Milano – “Dicevi che avevi paura di essere un fallito: ora te lo posso dire, lo sei diventato. Perché tu, da quella notte, sei un assassino ed è così che verrai ricordato. Nonostante tutto, però, non riesco a smettere di chiedermi: come posso perdonarti, papà?”.
Parole che Nicolò Maja, sopravvissuto alla strage familiare di Samarate, ha rivolto al padre, Alessandro. La notte fra il 3 e il 4 maggio 2022, l’interior designer che ora sta scontando una condanna definitiva all’ergastolo, ha ucciso a colpi di martello la moglie, Stefania Pivetta, e la figlia 16enne Giulia, nella villetta di famiglia nel Varesotto. Si è accanito anche contro Nicolò, e lo ha ridotto in fin di vita. Il 25enne ha messo nero su bianco i suoi pensieri, confluiti in un monologo recitato sul palco a Napoli durante l’evento “Women for Women against Violence-Camomilla Award” organizzato da Donatella Gimigliano, presidente dell’Associazione Consorzio Umanitas.
L’evento ha segnato anche una tappa nel lungo percorso di Nicolò, accompagnato dai nonni materni Giulio e Ines, per “tornare alla normalità” dopo la strage che ha distrutto la sua famiglia. Il giovane, che ha un brevetto di pilota, anche grazie all’impegno dell’associazione ha trovato un lavoro a tempo indeterminato ed è stato assunto negli uffici in provincia di Varese di Leonardo, il colosso del settore aerospaziale. Un traguardo annunciato durante la kermesse contro la violenza sulle donne e per la prevenzione del tumore al seno da Antonio Liotti, chief people & organization officer di Leonardo Spa, che ha ricevuto da Nicolò il Camomilla Award. E il 25enne ha rivolto il pensiero a chi non c’è più, la mamma e la sorella minore, dedicando al padre il suo monologo.
“Ciao papà, sai che fatico a comprendere il motivo per cui ti chiamo ancora così, dopo quello che hai fatto la notte del 4 maggio 2022?”, ha spiegato. “Non riesco ad accettare che sia stato proprio tu a rovinarmi la vita in questo modo. Tu forse non ti sei reso conto che quella notte mi hai strappato via le persone che più amavo al mondo e del vuoto che mi è rimasto – ha proseguito – e che cerco giorno dopo giorno di riempire. All’inizio, pensavo che ci fosse ancora un piccolo spazio per te nel mio cuore, nonostante tutto. Ma ora, con tristezza, devo dirti che il mio cuore appartiene interamente a mamma, a Giulia, ai nonni e a tutte le persone che mi sono state vicine, che mi hanno sostenuto con il loro affetto incondizionato. Loro sono diventati la mia famiglia, la mia vita. Dicevi che avevi paura di essere un fallito: ora te lo posso dire, lo sei diventato. Perché tu, da quella notte, sei un assassino ed è così che verrai ricordato. Nonostante tutto, però non riesco a smettere di chiedermi: come posso perdonarti, papà?”. Da quando ha sterminato la famiglia, con una violenza rimasta ancora senza spiegazioni, l’interior designer ha continuato a scrivere al figlio lettere dal carcere.
Dal punto di vista giudiziario la Cassazione ha messo la parola fine, confermando la condanna all’ergastolo e il risarcimento per il figlio, parte civile con l’avvocato Stefano Bettinelli. La perizia ha escluso una incapacità di intendere e di volere dell’uomo, che in aula ha espresso il suo pentimento. Non ha agito “in un impeto”, secondo le motivazioni della sentenza d’appello, ma ha atteso il “sonno” della moglie e dei figli per colpire, e “la sopravvivenza di Nicolò è stata soltanto una fortunata coincidenza”. Resta ancora tutto da scrivere il futuro del giovane che ora, grazie al lavoro, potrà muovere altri passi verso una vita autonoma. Ha voluto rivolgere un messaggio a lui anche la sua attrice preferita, Claudia Gerini: “Sono fiera di te, hai superato più colloqui e stai per iniziare una nuova avventura lavorativa. Questo è un grande segnale perché, nonostante i traumi e le cose brutte che ci succedono nella vita, bisogna saperlo superare. La differenza sta in come decidiamo di andare avanti e di lasciarci il dolore alle spalle, anche se non passa”.