
Da sinistra, Douglas Carolo, la vittima Andrea Bossi e Michele Caglioni
Busto Arsizio (Varese), 18 marzo 2025 – Si è aperto oggi, davanti alla Corte d'Assise del Tribunale di Busto Arsizio il processo a carico di Michele Caglioni, 21 anni, e Douglas Carolo, 22, accusati di aver assassinato Andrea Bossi, 26 anni, con una coltellata alla gola nella sua abitazione di Cairate (Varese) la sera del 26 gennaio 2024. I due giovani, ai quali la pubblico ministero Francesca Parola della Procura di Busto Arsizio, che ha coordinato le indagini, ha contestato anche l'aggravante della premeditazione, si sono sempre dichiarati innocenti accusandosi a vicenda dell'omicidio.
Tre le parti civili ci sono i genitori e la sorella della vittima, assistiti dall'avvocato Davide Toscani. Rigettate le eccezioni delle difese, la Corte ha ammesso prove e testi. Fra questi ci sono anche i detenuti nel carcere di Busto Arsizio (dove si trova Carolo), che avrebbero ricevuto confidenze sul delitto da parte del 22enne. "Vogliamo dimostrare – spiegano gli avvocati Nicolò Vecchioni e Luigi Ferruccio Servi, difensori di Caglioni, che hanno citato i detenuti quali testimoni – che Carolo ha avuto, o tentato di avere contatti con l'esterno, in particolare in relazione all'arma del delitto".

L’arma sotto i riflettori
Si tratta di un coltello da cucina che gli inquirenti ritrovarono nel settembre 2024, a quasi nove mesi dall'omicidio. "A nostro parere – spiegano i difensori del 21enne – ci sono fondati dubbi che quella rinvenuta non sia davvero l'arma del delitto. In particolare perché sul coltello non sono state trovate tracce biologiche riconducibili a nessuno dei coinvolti, in particolare della vittima". L'udienza è stata aggiornata al prossimo 8 aprile quando, come primo teste, sarà sentito il padre della vittima che trovò il figlio assassinato nella propria abitazione.
I punti che non tornano
Sull’omicidio di Andrea Bossi ci sono dunque ancora molti punti da chiarire. I due imputati, come si è detto, respingono ognuno le accuse che gli vengono mosse e “scaricano” sull’altro la responsabilità della morte del giovane di Cairate, dove si era trasferito da poco dalla vicina Fagnano Olona. Caglioni aveva da subito collaborato con i magistrati e i carabinieri, accusando Carolo di aver ucciso da solo Bossi e di non aver parlato fino a quel momento perché minacciato. Anche Carolo, dopo un iniziale silenzio, ha dato indicazioni per il ritrovamento dell'arma del delitto dicendo di non essere stato lui a uccidere Bossi. E proprio gli accertamenti sull'arma del delitto, visto il tempo trascorso tra il suo ritrovamento e la morte di Bossi, potrebbero – ma il condizionale è d’obbligo – non essere definitivi per accertare l'accaduto.

La relazione pericolosa
Douglas Carolo, interrogato di nuovo lo scorso dicembre dal pm Parola, aveva parlato per due ore e mezza, mantenendo la sua posizione, cioè di non aver ucciso Bossi. Carolo aveva spiegato al magistrato che era legato a Bossi da una profonda amicizia, gli voleva bene. Tuttavia il ventiseienne, secondo quanto dichiarato ieri, era innamorato di lui e in diverse occasioni aveva tentato degli approcci, dal ventunenne respinti. Il giovane durante l’interrogatorio avrebbe fornito dettagli riguardanti l’amicizia con il ventiseienne che gli faceva regali costosi, gli dava dei soldi e gli pagava le serate in discoteca. Quanto alla sera del delitto, Carolo sempre durante l’interrogatorio aveva fornito la sua versione riguardo al motivo per cui si era recato a casa di Bossi: sarebbe andato a Cairate a chiedere soldi all’amico perché doveva restituirli ad altre persone.

"Mi sentivo minacciato”
Opposta la versione di Caglioni, che ha sempre accusato Carolo di essere l’omicida e che, nel corso degli interrogatori a cui è stato sottoposto, ha dichiarato di essere rimasto in strada mentre il delitto si consumava e di essere salito nell’appartamento solo dopo aver ricevuto una chiamata da parte dell’altro. “Sono rimasto in silenzio perché minacciato di morte ogni giorno da Carolo”, avrebbe aggiunto. Minacce tuttavia smentite dal samaratese di origini brasiliane.