
Lidia Macchi (Ansa)
Varese, 13 marzo 2016 - «Abbiamo chiesto l’esumazione di Lidia. Con dolore, con sofferenza, ma l’abbiamo chiesta per accertare la verità. Adesso aspettiamo che venga fatta. A meno che non accada qualcosa, un miracolo». Paola Bettoni è la madre di Lidia Macchi. Una madre dolorosa e coraggiosa. In ventinove anni lei e il marito Giorgio non hanno mai smesso di sperare che si aprisse una pagina di giustizia per quella figlia bella, intelligente, colta, curiosa della vita: lacerata con ventinove coltellate la sera del 5 gennaio del 1987. Paola riesce ancora pronunciare parole di speranza. Da madre e da credente di una fede profonda.
Signora Macchi, l’esumazione ormai è decisa.
«Voglio ancora sperare che prima possa accadere qualcosa. Mi auguro che il Signore tocchi il cuore a qualcuno. Per ora non mi sembra, ma continuo a pregare, a sperare. Come ho fatto in trent’anni. Non perdo mai la speranza. Mi ha sostenuto in questi anni. Mi auguro che mi sostenga ancora».
Cosa vorrebbe dire a Stefano Binda, l’uomo un carcere accusato dell’omicidio di sua figlia?
«Non saprei dirgli niente. Ha deciso di non rispondere alla dottoressa Manfredda. Ci speravo. Non è andata».
Avete deciso di rendere pubblica la seconda lettera arrivata alla vostra famiglia in quel gennaio del 1987.
«Le stiamo tentando tutte per evitare l’esumazione. Abbiamo tentato di tutto. Nel cuore delle persone non si può leggere. Dopo tanto tempo è successo qualcosa con la prima lettera (lo scritto intitolato “In morte di un’amica”, attribuito a Stefano Binda, ndr). Non me l’aspettavo. Invece qualcosa si è mosso. Un significato lo avrà. Riproviamo. Io credo nei miracoli. Aspettiamo e vediamo».
Quella lettera è firmata “Una mamma che soffre”.
«Non so se sia davvero una mamma. Ma forse, da qualche parte, c’è davvero una mamma che sa e che può arrivare al cuore di qualcuno. Ecco, come mamma, mi rivolgo a lei». Il gip di Varese, Anna Giorgetti, ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale, Carmen Manfredda, in sintonia con quella avanzata dalla famiglia Macchi nel novembre scorso. Martedì l’udienza per conferire l’incarico ai consulenti, per la Procura generale l’antropologa forense Cristina Cattaneo.
di GABRIELE MORONI