Busto Arsizio (Varese) – Nuovi guai per Riccardo Bossi, il figlio primogenito del fondatore della Lega, Umberto Bossi. L’uomo è indagato per truffa ai danni dello Stato: secondo gli inquirenti tra il 2020 e il 2023 avrebbe incassato indebitamente il reddito di cittadinanza. Il pubblico ministero della Procura di Busto Arsizio Nadia Alessandra Calcaterra ha depositato l'avviso di conclusione indagini e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio.
Il reddito di cittadinanza
Stando a quanto ricostruito da Calcaterra, il figlio del Senatur avrebbe percepito 280 euro ogni mese per 43 mensilità per un ammontare complessivo di 12.800 euro. L'erogazione del reddito di cittadinanza era però collegata al canone di locazione di un appartamento come sostegno al pagamento. Appartamento dal quale, però, secondo quanto accertato dagli inquirenti, Bossi era già stato sfrattato in quanto moroso. Di qui la contestazione del reato.
Assistito dall'avvocato Federico Magnante, Riccardo Bossi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Avrà ora venti giorni di tempo per chiedere di essere ascoltato e depositare memorie difensive. Raggiunto dall'AdnKronos Riccardo Bossi preferisce non commentare: "In merito a informazioni non corrette non rispondo, ho altro da fare".
I guai precedenti
Non è la prima volta che Bossi finisce nei guai giudiziari: nel 2017 era stato condannato a 9 mesi di reclusione e 400 euro di multa per truffa e insolvenza fraudolenta. Secondo le accuse, avrebbe acquistato un impianto di illuminazione, pneumatici per la sua auto e benzina in attività commerciali di Varese senza pagare il conto. Sul finire del 2019 aveva invece rimediato una denuncia da un ristoratore milanese per una cena a base di pesce e champagne mai pagata. Nel 2016 invece era stato condannato sempre per truffa per alcuni gioielli non pagati a un gioielliere di Busto Arsizio.
E ancora, Riccardo Bossi era finito al centro, insieme al padre e al fratello Renzo, dello scandalo dei fondi della Lega usati per spese personali. Nel 2016 stato condannato a un anno e otto mesi (pena sospesa) per appropriazione indebita aggravata per le presunte spese personali con i fondi del Carroccio.