Varese, 2 gennaio 2025 – Una roccia. Sempre col sorriso più dolce del mondo. Anche dopo i tremendi dolori che l’hanno colpita nel 2013, la scomparsa del figlio primogenito Vittorio inabissatosi su un aereo a Los Roques in Venezuela a gennaio e poi dopo solo quattro mesi la morte del marito Ottavio Missoni, per lei e per tutto il mondo del fashion solo Tai. Oggi con la scomparsa di Rosita Jelmini Missoni a 93 anni, la moda italiana e internazionale piange non solo un’icona di stile e una imprenditrice-stilista di grande creatività e carisma, ma soprattutto una donna unica, coraggiosa, sempre spiritosa, dolcissima con tutti quelli che incontrava sul lavoro e nella vita, sempre presente in azienda e al lancio di ogni collezione fino dalla metà degli anni Sessanta, Mai diva, sempre estremamente semplice ed empatica, nonostante il Cavalierato del Lavoro, le varie lauree honoris causa, i premi internazionali, le decine e decine di sfilate, i testimonial eccellenti della maison famosa per la maglieria fantasiosa, a righe e a zig zag, una invenzione magnifica col colore protagonista e l’abbraccio della lana che resta nel mito dello stile per avanguardia nel vestire, anticonformismo chic, modernità e comfort.
Rosita col suo Tai, bello e simpatico da matti fino alla fine dei suoi giorni, ha avuto tre figli: Vittorio, Angela e Luca e diversi nipoti alcuni dei quali lavorano nell’azienda-casa di Sumirago dove tutto racconta di lei e della coppia formidabile che ha formato con l’atleta fascinoso conosciuto per caso a Londra nei primi anni Cinquanta dove lei, di famiglia di imprenditori tessili di tradizione, era andata a imparare l’inglese. Buona famiglia lei, la splendida Rosita, piccola e graziosissima col suo sorriso sempre un po’ infantile, atleta dalmata lui ma con una gran voglia di sfondare prima come velocista alle Olimpiadi e poi come imprenditore con una prima linea di tute sportive.
“Con Tai la nostra una vita è stata variegata, animata, bellissima. Ottavio la moda non l'avrebbe mai fatta ma aveva un senso del colore unico, un senso artistico, disegnava bene e gli è venuto naturale poi inventare le nostre fantasie in maglia, le righe, gli zig-zag con le tinte sempre mescolate. Sì, la mia vita con lui è stata a colori – ci ha detto tre anni fa in un’intervista per Quotidiano Nazionale –. A lui la moda non gli interessava, l'ha fatta per me che venivo da una famiglia di imprenditori tessili, Jelmini, capitanati da mio nonno materno Piero Torrani che era un Archimede Pitagorico dei tessuti. Io sono cresciuta giocando coi fili, mio marito ha cominciato da quando ci siamo innamorati”. Quel colpo di fulmine ha segnato la sua vita di donna e di stilista.
“Ero giovanissima, avevo 17 anni non ancora compiuti ed ero a Londra per imparare l'inglese – raccontava Rosita –. Ci incontriamo con altri amici, era simpatico ma per me grandissimo. Aveva 27 anni! E già i capelli grigi sulle tempie dopo gli anni di prigionia nel deserto. Era bello, un affabulatore che mi ha subito conquistata con uno sguardo. Poi lo vidi correre in batteria a Wembley, portava la canottiera azzurra numero 331 e da allora il 7 è il mio numero fortunato. È arrivato sesto quel giorno ma per me e il mio cuore aveva vinto. Poi ci siamo rivisti, lui con la divisa olimpica bellissimo ed elegante, alla fermata di Piccadilly dove svetta un Cupido! Da quella freccia è cominciato tutto”.
Un amore fortissimo e un connubio professionale unico nella moda italiana. Come se ragionassero con una sola testa e una sola idea di bellezza, molto legata all’arte astratta e alla natura nella scelta dei colori. “Abbiamo dato il nome Missoni a uno stile, con la libertà di vestire”, diceva sempre questa alfiera del Made in Italy che ha dato lavoro a generazioni di donne della sua terra, a Sumirago dove c’è la casa e l’azienda. Una vita insieme col marito, sempre molto riservata, in famiglia, che per questa coppia geniale è stata tutto. E anche dopo la morte di Tai, lei Rosita ha continuato a lavorare come se il tempo si fosse fermato, granitica nell’impegno per il brand Missoni attraverso tutte le fasi dell’impresa, compresa la vendita e i passaggi dei vari stilisti, impegnata nella Missoni Home, la collezione di biancheria e arredi per la casa che ha fondato e diretto con grande successo fino alla fine dei suoi giorni. Una Missoni Home sempre coi fatturati col segno più, una garanzia di unicità che è stata trasversale al passare degli anni.
La ricordo nei backstage insieme alla figlia Angela, attenta ad ogni dettaglio e prodiga di consigli assennati come solo le mamme sanno dare, e nell’ultimo incontro accanto alla nipote Margherita Maccapani Missoni che con determinazione è impegnata anche lei nella moda per aver sempre vissuto “avvolta” nelle idee e nella maglieria di famiglia. “Lei continua nel nostro lavoro”, disse orgogliosa Rosita.
Molte le sue passioni, le rose del grande giardino a Sumirago, la casa che cambiava sempre con le fantasie degli arredi disegnati da lei, “basta un cuscino e tutto sembra nuovo”, le lunghe passeggiate nei boschi che guardano il Monte Rosa a cercare i funghi di cui era appassionata conoscitrice. Rosita li raccoglieva, le essiccava e poi dava delle cene semplici e curatissime con la polenta col latte che le ricordava il cibo della sua infanzia, i marron glacé come dolce finale.