
Infermieri e medici lasciano le province di confine, ospedali in tilt. Oltre confine gli stipendi sono il triplo. La Regione valuta un indennizzo
Milano – Se ne vanno per gli "stipendi da fame", come li ha definiti l’altro giorno l’assessore al Welfare di Regione Lombardia Guido Bertolaso, ma anche per i turni massacranti e il carico di stress che è diventato insopportabile, alimentato negli ultimi anni anche da botte e aggressioni. È diventato un mestiere sempre più ingrato quello degli infermieri, ma per i medici non poi è molto diverso. In Lombardia l’ancora di salvezza esiste ed è a portata di mano: trasferirsi a lavorare in Canton Ticino dove il 9,5% dei camici bianchi al lavoro proviene dall’Italia. Secondo dati dell’Ocse, tra il 2018 e il 2021 si sono trasferiti in Svizzera, in maniera stabile o come pendolari, 2.526 medici e 2.342 infermieri italiani. E così nelle province di confine nessuno risponde ai bandi degli ospedali e delle aziende sanitarie e i neo laureati, prima ancora di conseguire il loro diploma, hanno già il posto assicurato oltreconfine.
L’emorragia si vede dai numeri: in provincia di Como negli ultimi 20 anni si è passati da 4.179 operatori sanitari a 3.465, al netto di chi è andato in pensione o ha smesso si contano centinaia di camici bianchi che hanno scelto di diventare frontalieri. Nel Varesotto la fuga ha interessato 350 sanitari negli ultimi tre anni. Difficile dare loro torto, in Canton Ticino anche senza straordinari un infermiere arriva a guadagnare 6.250 euro netti, neppure da paragonare allo stipendio medio annuo in Italia che non supera i 25mila euro. Al di là delle cause tutte plausibili il problema è riuscire a farli tornare.
"A un anno e mezzo dalla presentazione, finalmente la nostra proposta sarà esaminata e discussa – spiega il consigliere regionale del Pd, Samuele Astuti –. Da tempo sollecitiamo la Giunta regionale su questo tema, perché se la sanità sta attraversando una crisi profonda, con difficoltà nell’erogazione dei servizi, nelle aree di confine e montane la carenza di personale è ancora più grave e anche la competizione con la Svizzera, dove gli stipendi sono molto più alti e sicuramente più adeguati, si fa sempre più pressante. A parità di condizioni, lo stipendio base di un infermiere che lavora in Svizzera è due volte e mezzo, se non tre, quello di uno stipendio italiano. Per i medici arriviamo anche al 60% in più. Sono diverse centinaia gli operatori sanitari che ogni anno si spostano dalla Lombardia alla Svizzera".
Da qui la proposta d’introdurre un’indennità mensile temporanea per medici e infermieri e tecnici che lavorano in aree marginali e di confine, per almeno un triennio. "Una misura concreta e immediata per attrarre e trattenere il personale sanitario in queste aree svantaggiate, cercando di affrontare almeno uno dei numerosi problemi che ne causano l’allontanamento e con un meccanismo di monitoraggio annuale per valutarne l’efficacia". Si parla di 800 euro lordi per il personale della dirigenza medica, 400 euro lordi per il personale tecnico sanitario e 350 euro lordi per il personale infermieristico. Siamo ancora lontani dagli stipendi della Svizzera, ma sarebbe comunque un passo concreto.