REDAZIONE VARESE

Caso Lidia Macchi, ergastolo per Stefano Binda: una sentenza attesa da oltre trent'anni

La studentessa varesina fu uccisa nel gennaio del 1987

Stefano Binda ascolta la lettura della sentenza (Newpress)

Varese, 24 aprile 2018 - Per condannare all'ergastolo Stefano Binda, il presunto omicida di Lidia Macchi, uccisa con 29 coltellate dopo aver subito una violenza sessuale, ci sono voluti oltre trent'anni. Era infatti il 5 gennaio 1987 quando la ventenne fu uccisa nei boschi di Cittiglio, in provincia di Varese, dove era stata a trovare un'amica in ospedale.

Lidia Macchi era una scout e frequentava ambienti di Comunione e Liberazione, come l'uomo, il coetaneo Stefano Binda, accusato 28 anni dopo di essere l'autore del delitto. Per accertarne la responsabilita', sospettata sulla base di una lettera scritta a mano e anonima consegnata alla famiglia della giovane vittima, nei mesi scorsi e' stata anche disposta la riesumazione della salma. Al termine di un processo durante il quale Binda si e' sempre dichiarato innocente ma senza riuscire a fornire, tanti anni dopo, un alibi solido, la Procura di Varese ha deciso di seguire le indicazioni dell'accusa e i giudici, dopo tre mesi, lo hanno condannato all'ergastolo. A tutte le udienze del processo ha assistito l'anziana madre della vittima, Paola, e i suoi fratelli Stefania e Alberto, mentre il padre e' scomparso prima di conoscere il nome di chi ha ucciso sua figlia.

L'ex compagno di liceo della giovane era stato accusato dagli inquirenti solo 27 anni dopo i fatti, nel 2014: quando un'amica della vittima ha riconosciuto la scrittura di Binda nella lettera pubblicata su un giornale locale. A quel punto il caso, fino ad allora irrisolto, dopo aver seguito inutilmente due piste diverse (gli accusati erano stati rispettivamente un sacerdote e un pregiudicato della zona), e' stato riaperto e il passato dell'accusato passato al setaccio. All'epoca era tossicodipendente, studiava filosofia e frequentava la ragazza, che si fidava di lui.