VALENTINA RIGANO
Cronaca

Tifoso morto prima di Inter-Napoli, ricordi e polemiche

Striscione all’Ossola per “Dede”, social divisi fra attacchi e cordoglio

Striscione allo stadio Ossola per ricordare Daniele Belardinelli

Varese, 29 dicembre 2018 Gli amici delle curve, ma anche la squadra del cuore. È la giornata dei tributi a Daniele Belardinelli, il 39enne supporter del Varese e dell’Inter morto domenica sera nelle strade intorno a San Siro, travolto da un suv nelle fasi concitate seguite a un agguato a tre minivan carichi di tifosi del Napoli a cui la vittima, secondo la ricostruzione, ha partecipato.

Ha cominciato la società, pubblicando un ricordo sul sito internet. «Giocatori, dirigenti e tecnici del Calcio Varese - si legge - si uniscono al cordoglio della famiglia Belardinelli per la scomparsa del loro tifoso Daniele». Un messaggio che offre una nuova tinta a un quadro di rapporti non sempre semplici fra il club e la curva, con i Blood Honour che nelle ultime settimane, a fronte delle difficoltà societarie, non sono stati affatto teneri con l’operato della dirigenza biancorossa.

Ieri, poi, ai cancelli dell’Ossola gli ultras del Fronte Ribelle Saronno, da tempo gemellati con i varesini (e in contatto anche con gli interisti), ha appeso uno striscione in onore di Belardinelli. «Riposa in pace fratello Dede», questa la scritta a caratteri cubitali su una pezza di tessuto bianco. Altre tifoserie, a ruota, hanno voluto ricordare il muratore morto, in particolare sui social network. Internet si è riempito anche di attacchi agli episodi violenti che rovinano l’immagine del tifo. Di Belardinelli - che gli amici della gradinata potrebbero ricordare con un evento ad hoc - ha parlato anche Sean Sogliano, ex direttore sportivo del Varese ai tempi della scalata dalla C2 alla B. L’ex dirigente di Palermo, Verona e Genoa nel 2007 fu colpito con un ceffone dal tifoso morto domenica, episodio che costò un Daspo di cinque anni al ragazzo. «Era un ultrà - dice Sogliano - ma non saprei dire se fosse un delinquente o un santo, non sarei in grado di farlo, per il semplice fatto che non lo conoscevo così bene. Posso solo dire che era un ultrà: conoscevo lui come tanti altri, avendo lavorato per sette anni a Varese».

Con i tifosi più caldi, ha aggiunto Sogliano, «ho sempre cercato la strada del dialogo, perché non puoi far finta che non esistono». E lo schiaffo? «La gente cambia - conclude Sogliano - e ormai sono passati tanti anni dalla mia permanenza a Varese». Di “Dede” ha voluto parlare anche papà Vincenzo. «Che avesse avuto un Daspo è noto - ha detto - ma era un casinista, non un violento». A Morazzone dove Belardinelli viveva con la compagna Cristina e i due figli, in molti - a cominciare dal sindaco Matteo Bianchi - si sono stretti intorno alla famiglia. «Non bisogna dimenticare - è il ragionamento dei compaesani - al di là di quello che stesse facendo Daniele domenica sera, che è morto il papà di due bambini».