In 350 giorni di lavoro sono state scattate oltre 10mila fotografie, che raccontano la genesi di una strage. Si contano 72 sopralluoghi, riunioni fra periti e consulenti delle parti, accertamenti nei laboratori del Latif e dell’Università di Trento dove è conservata la carcassa della cabina.
L'incidente
Un corposo lavoro per risalire alle cause della tragedia della funivia del Mottarone, in cui il 23 maggio dell’anno scorso sono morte 14 persone e un solo bimbo, il piccolo Eitan, è sopravvissuto.
La perizia
"Il 16 settembre consegneremo la nostra perizia, senza ulteriori proroghe", assicura l’ingegner Antonello De Luca, ordinario di Tecnica delle costruzioni all’Università Federico II di Napoli, che coordina un team composto da quattro periti e cinque ausiliari nominati dal gip di Verbania Annalisa Palomba (è stata trasferita alla Corte d’Appello di Torino ma ha fatto sapere che rimarrà a Verbania almeno fino a novembre, concludendo quindi la fase delicata dell’incidente probatorio.
Un nuovo giudice
Poi il caso verrà affidato a un nuovo giudice per le indagini preliminari, il quarto passaggio di mano da quando è stata aperta l’inchiesta, in un Tribunale che sconta una grave carenza di organico). "È stato un lavoro complesso – prosegue De Luca – e abbiamo riscontrato la difficoltà maggiore nell’asportare il veicolo e il materiale lasciandolo intatto, senza deteriorarlo. Adesso siamo giunti alle nostre conclusioni".
La fune lesionata
Un primo punto fermo è che la fune era lesionata e la testa fusa andava sostituita, ma quel danno non fu notato durante le ispezioni periodiche sull’impianto. Nella richiesta con cui nel giugno scorso avevano ottenuto dal gip la quarta proroga per completare le analisi, i tecnici parlavano di "tre fili lesionati a 8 millimetri dal colletto della testa fusa".
Il forchettone
E non avevano dubbi nel sottolineare che, "qualora tali lesioni si fossero riscontrate durante le ispezioni mensili previste da norma, si sarebbe dovuta dismettere la testa fusa", il cuneo di piombo che aggancia il cavo alla cabina. Le famiglie delle quattordici vittime attendono da oltre un anno di sapere perché i loro cari sono morti: il forchettone era innescato, e quindi il freno d’emergenza disattivato, come emerso nei giorni immediatamente successivi all’incidente, ma il punto interrogativo è sul perché si é rotto il cavo traente.
Quattordici indagati
Per questo sono stati valutati anche eventuali difetti di fabbrica ed errori nell’installazione dell’impianto, oltre alle carenze nella manutenzione. Aspetti fondamentali per definire ruoli e responsabilità, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Verbania (sono 14 gli indagati) coordinata dal procuratore Olimpia Bossi. Fattori "umani" e strutturali evidenziati anche dalla prima relazione della Digifema, organo investigativo del ministero. Il personale dell’impianto era "insufficiente" e la formazione "lacunosa": un approccio al lavoro "approssimativo" e segnato da "superficialità e fretta".