
Giuseppe Zamberletti
Varese - La maggiore eredità lasciata da Giuseppe Zamberletti, il senatore varesino scomparso nel gennaio di due anni fa, è sicuramente la legge che nel 1990 portò alla costituzione della moderna Protezione civile, così come la conosciamo oggi. Ma Zamberletti, parlamentare per sette volte con la Democrazia cristiana e tre volte ministro, soprannominato Zorro, non è solo il “papà” del corpo dei volontari in pettorina gialla che abbiamo imparato a conoscere per i loro interventi nelle zone colpite da catastrofi ambientali; terremoti, alluvioni o roghi.
Ne racconta la vicenda umana e politica lo scrittore Gianni Spartà, messinese trapiantato a Varese dove ha seguito per anni cronaca nera e giudiziaria ma anche la nascita e l’impetuosa crescita della Lega Nord guidata da Umberto Bossi e Roberto Maroni. Lo ha fatto nel libro “La luna sulle ali” (Pietro Macchione editore) che contiene, oltre a un ricordo del politico varesino consegnato a Spartà dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, una serie di colloqui con Zamberletti sulla sua attività dentro e fuori il parlamento, i palazzi della politica romana e il territorio che rappresentò nella Capitale dalla fine degli anni ’60 fino alla prima metà degli anni ’90.
L’uomo delle missioni speciali
“La Repubblica gli è grata”. Così si conclude l’affettuoso ricordo di Zamberletti vergato dal Capo dello Stato. Impegno per il Paese, concretezza tutta varesina e capacità di mediazione. Queste le doti del senatore che emergono chiaramente all’interno del libro, voluto fortemente dalla Protezione civile e dall’attuale sindaco di Varese Davide Galimberti, che qualche giorno fa ha fatto dono del volume a Guido Bertolaso, per due volte capo del dipartimento di volontari e attuale consulente della Regione Lombardia per l’emergenza coronavirus.
Lungo le pagine scorrono episodi dell’esperienza politica di Zamberletti che si intrecciano con alcuni fra gli episodi più dolorosi della storia italiana nel secolo scorso. Il mandato che gli fu assegnato dal ministro dell’Interno Francesco Cossiga all’epoca del sequestro Moro per esplorare la pista, poi sfumata, di una trattativa con le Brigate Rosse. La possibilità che lo statista Dc venisse rilasciato proprio il giorno in cui, invece, il suo cadavere fu fatto ritrovare all’interno di una Renault 4 in via Caetani. L’ipotesi che il DC9 Itavia esploso in volo a Ustica, tragedia in cui morirono 81 persone, sia saltato in aria per una bomba messa sul velivolo da terroristi armati dal colonnello Gheddafi. La missione che portò Zamberletti in Vietnam “alla guida” di tre navi della Marina Mercantile italiana per soccorrere i “boat people” in fuga dal regime comunista, conclusasi conducendo in salvo 907 profughi.
La galleria della Prima Repubblica
Numerosi i ritratti di leader della Prima Repubblica che il padre della Protezione civile ha consegnato nel corso degli anni a Spartà. In primis i dirigenti democristiani: Aldo Moro che lo mandò in Friuli nel 1976 a gestire l’emergenza terremoto, avventura che si rivelò la scintilla del progetto per mettere in rete le diverse esperienze fondative del dipartimento di Protezione civile. Giulio Andreotti che lo spedì nel Mar Giallo in aiuto dei vietnamiti perseguitati da Ho Chi Minh.
Non solo “Balena bianca”. Nel volume emergono anche la stima e la simpatia di Zamberletti per il socialista Sandro Pertini, il presidente della Repubblica che esercitò il pressing decisivo per mettere in cantiere la legge sulla Protezione civile e per il segretario comunista Enrico Berlinguer che – parola di Zorro – fu al suo fianco, con tutto il partito, in Friuli e Irpinia, con maggiore convinzione rispetto allo stato maggiore democristiano.
E la Lega? Zamberletti esce dalla scena della politica attiva quando Bossi e i suoi entrano nella stanza dei bottoni, a metà degli anni ’90. Non la bacchettò e nemmeno la accarezzò. La schivò, piuttosto. Ma fra i lumbàrd qualcuno l’avrebbe voluto sindaco della città giardino nei primi anni ’90. Lui, cavallo di razza e figlio devoto della Prima Repubblica, troppo diverso dai barbari non ancora sognanti, non avrebbe mai potuto salire sul Carroccio, pur riconoscendo la fondatezza di una questione settentrionale ancora oggi aperta.