ANNA MANGIAROTTI
Varese

Museo della ceramica: Antonia & Antonia, sinfonia per due

Una mostra curata da Anty Pansera al Museo Internazionale del Design Ceramico a Cerro di Laveno Mombello (VA) in via Lungolago Perabò

A sinistra una serie di piccole ceramiche di arte povera

Varese, 6 luglio 2016 - «Antò», ovvero il sodalizio tra ANTOnia Campi e ANTOnella Ravagli: classe 1921, la prima, artista/designer valtellinese, ma di fatto «cittadina» di Laveno per decenni, Compasso d’Oro alla carriera 2011; classe 1963, la seconda, ceramista faentina. Feconda, la loro collaborazione, iniziata nel 2011 per celebrare con un pannello ceramico il 150° anniversario dell’Unità d’Italia a Montecitorio. Ora, una mostra curata da Anty Pansera al Museo Internazionale del Design Ceramico a Cerro di Laveno Mombello (VA) in via Lungolago Perabò 5 mette in scena le piccole e grandi cose realizzate a quattro mani, dalle due Antonie: «Medaglioni», «libri», «quadri tappeto», «fiori», «centro tavola», le «sculture da viaggio», in materiale ceramico avanzato (alcuni pezzi sono, ad oggi, realizzati in piccole serie o ancora a livello di prototipo, ma tutti pensati per essere riprodotti). E i «totem» creati per la monografia dedicata alla Campi dalla sua città natale, Sondrio. E le «colonne» progettate e realizzate sempre nel laboratorio al Mulino dell’Isola di Faenza per l’ultima edizione del Premio Faenza. Per l’occasione, l’associazione freemocco editore in Deruta dedica un libro e un video alle due artiste unite da identico destino, identico amore per le terre: porcellana, ceramica, terraglia, insomma tutte le varianti sul tema.

La Campi, da operaia nel 1947 alla Società Ceramica Italiana di Laveno, dove le è affidato il settore degli Articoli Fantasia, ma anche quello dei Pezzi Unici, delle Serie Limitate e della Porcellana, arriverà a dirigere a Milano per vent’anni l’ufficio artistico della SCI Richard-Ginori, poi Pozzi-Ginori. Incarico difficilmente affidata a una donna. Ma lei è un’anticipatrice anche come progettista di sanitari - che sembrano fiori, funghi, conchiglie, colorate controproposte al rigore delle linee fino a quel momento imperante - e di rubinetterie, con una nuova attenzione ai disabili e per l’ergonomia. L’altra Anto predilige la materia scabra, impura, la composizione imprevedibile fatta di argille dismesse da laboratori, polveri provenienti da cantieri, cocci di vetro macinati e mescolati all’argilla. Materia da tradurre in parola: nel 1993, centoquaranta suoi pezzi unici sono titolati «Pagine», e indiscutibilmente fanno della scrittura un’opera d’arte.